Importante scoperta anti-Covid targata anche Reggio Emilia: individuate molecole che impediscono ingresso del virus nelle cellule. L’imprenditore Enzo Bartoli dietro al progetto tramite la Bar Pharmaceuticals SrL

Un importante studio co-firmato da ricercatori dell’università Federico II di Napoli e dall’ateneo di Perugia è stato pubblicato in pre-print sul prestigioso sito scientifico BioRxiv (leggi qui). I gruppi di ricerca guidati dal prof. Stefano Fiorucci (Università degli Studi di Perugia) e dal dott. Bruno Catalanotti insieme alla professoressa Angela Zampella (Università di Napoli Federico II) hanno identificato molecole in grado di impedire l’ingresso del SARS-COV2 nelle cellule bersaglio.

Che sia chiaro: non si tratta di un vaccino, ma di una terapia che, una volta terminati tutti gli step per ottenere l’approvazione dalle varie autorità sanitarie, potrebbe risultare decisiva nella cura dei pazienti contagiati dal Coronavirus.

Lo studio ha previsto inizialmente uno screening in silico (computazionale) di librerie di sostanze naturali e di farmaci approvati per uso clinico dalla Food and Drug Administation (FDA, USA), portando all’identificazione di “tasche” funzionali nella struttura del RDB (receptor binding domain) della proteina Spike, ovvero la proteina “aggancio” di cui si serve il virus Sars-Cov2 per contagiare le cellule dando vita al Coronavirus.

L’ulteriore caratterizzazione di tali strutture ha permesso di scoprire l’esistenza di sostanze endogene in grado interferire nel legame del Rbd di Spike con il recettore Angiotensin Converting Enzyme 2. Le molecole endogene descritte in questo lavoro sono di natura steroidea e alcune di esse sono degli acidi biliari, ovvero sostanze prodotte nel fegato e nell’intestino dal metabolismo del colesterolo. Gli acidi biliari primari (ossia quelli generati nel fegato) legano, anche se con bassa efficienza, l’Rbd di Spike, mentre acidi biliari attualmente usati in terapia (acido ursodessocolico) e loro metaboliti inibiscono il legame tra Rbd di Spike ed Ace2 di circa il 50%. Anche acidi biliari semisintetici possiedono tale capacità.

Analogamente ad acidi biliari endogeni, sostanze naturali, quali alcuni triterpenoidi, sono in grado di legare l’Rbd di Spike e sono moderatamente efficaci nel ridurre il legame con Ace2.

In estrema sintesi, molecole endogene già conosciute ai biochimici -o farmaci utilizzati da anni-, si sono rivelate fondamentali nell’inibizione dell’ “aggancio” del virus nei pazienti in una fase iniziale del contagio.

Il prestigioso lavoro è targato anche Reggio Emilia: è stato infatti interamente finanziato da BAR Pharmaceuticals SrL, dell’imprenditore reggiano Enzo Bartoli insieme al fratello Maurizio, già fondatore della ICE, che in piena emergenza Covid non ha esitato a fare utilissime donazioni all’Ospedale Santa Maria Nuova.

Bar Pharmaceuticals ha sede a Reggio e si occupa dello studio e dello sviluppo di nuove specialità farmaceutiche una di queste Bar 502 entrerà presto in fase 1 per la cura del fegato grasso.

Ora inizia il lavoro più difficile: si sta elaborando un protocollo da sottoporre alle Autorità Sanitarie di vari paesi finalizzato all’esecuzioni di test clinici adeguati utilizzando acido ursodesossicolico prodotto da ICE. Il percorso a questo punto potrebbe essere molto breve perché, se risultassero riscontri positivi, la specialità è già disponibile sul mercato e potrebbe venire usata immediatamente con questa importante prescrizione aggiuntiva.

Se è ancora presto per cantare vittoria (ndr, ma l’approvazione dei trials clinici potrebbe avvenire a breve), i presupposti ci sono tutti.

Marina Bortolani, @nextstopreggio