Chiesa gremita al funerale di Giancarlo Tarquini. La stima del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati reggiani

Un addio commosso, parole toccanti. Al funerale di Giancarlo Tarquini, ex illustre magistrato e avvocato reggiano, erano in tanti ad esprimere il proprio dolore per la scomparsa di chi ha lasciato un segno costruttivo indelebile in quanti l’hanno conosciuto.

Aveva 82, e l’aggravarsi di una malattia l’ha vinto nella notte fra venerdì e sabato, nella propria abitazione, circondato dall’affetto dei famigliari. Giancarlo Tarquini ha lasciato la moglie Mariangela, i figli Giovanni, Elisabetta, Francesca e i nipoti.

La cerimonia funebre si è svolta presso la chiesa del Buon Pastore in città ed è stata concelebrata da Don Giuseppe Dossetti, Don Daniele Simonazzi, Don Gherardi e Padre Volpe.
Particolarmente toccanti le parole del figlio Giovanni, avvocato, del nipote e del Genero Paolo Genta che hanno rimarcato l’importanza dei valori trasmessi dell’onestà, verità e giustizia. Il nipote ha anche evidenziato il coraggio e la dignità di Tarquini durante la malattia, sottolineandone l’ironia mantenuta anche nei momenti più difficili. Per chi l’ha conosciuto, infatti, pur mantenendo il rigore tipico della persona, colpiva l’aspetto ironico e simpatico di chi riusciva a sdrammatizzare tutto, anche nelle difficoltà più ostiche.

Giancarlo Tarquini

In magistratura per 43 anni, andò in pensione dieci anni fa a 70 anni trattando importanti casi di cronaca nazionale. Dopo esser stato pretore a Pavia e sostituto procuratore a Parma, lavorò a Reggio Emilia per circa 20 anni, dove si occupò di terrorismo, di Paolo Bellini e dell’omicidio di Alceste Campanile.
Successivamente tornò a Parma nel ruolo di Procuratore Capo e infine a Brescia nel medesimo ruolo fino alla pensione. Negli anni a Brescia guidò le inchieste sul sequestro Soffiantini, l’omicidio Desirè Piovanelli e l’inchiesta Bipop-Carire.

Tarquini lascia un’importante eredità, non solo per i famigliari, ma anche per una Giustizia equa e imparziale. Negli anni in cui fu magistrato a Reggio Emilia, in una piccola città dov’è facile conoscersi e instaurare rapporti talvolta troppo “personali” anche fra magistrati e cittadini, con tutte le conseguenze del caso, di Giancarlo Tarquini si diceva: “Metterebbe in galera anche un proprio famigliare, se colpevole di un reato”. Fortunatamente non ha mai avuto bisogno di dimostrarlo, ma il rigore nell’essere un uomo di Stato durante l’intera carriera in magistratura è sempre emerso, sia quando trattava casi importanti balzati alle cronache nazionale, che casi riguardanti (allora) illustri reggiani come nell’inchiesta Bipop-Carire.

Raggiunta la pensione, Giancarlo Tarquini ha affiancato il figlio Giovanni nella professione forense, altro ambito in cui si è fatto apprezzare e stimare. Anche il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia ha infatti espresso il proprio sentito cordoglio per la morte di Giancarlo Tarquini con parole di stima: “Giancarlo è stato un illustre magistrato, che ha ricoperto importanti cariche direttive, ma anche avvocato che, negli ultimi anni della propria vita, si è dedicato alla professione forense con impegno e con appassionato fervore. I consiglieri dell’Ordine lo ricordano per il rigore morale e per l’onestà che hanno sempre ispirato il suo agire, che rimarrà d’esempio per le giovani generazioni di avvocati e magistrati”. 

Marina Bortolani