Video-choc del trapper reggiano, Delmonte e Catellani (Lega): “Violenza sprezzante evidenzia il disagio giovanile”

“La violenza compiaciuta e sprezzante che permea il video-choc del trapper Gani rende del tutto evidente che in città c’è un problema serio connesso al disagio giovanile e al fenomeno delle baby-gang (una giovanissima comparsa del video sarebbe anche stata recentemente denunciata per rapina) che l’amministrazione comunale non ha mai voluto affrontare. Un immmobilismo che ha alimentato un fenomeno che rischia seriamente di scappare di mano”. Così i consiglieri regionali della Lega Gabriele Delmonte e Maura Catellani hanno commentato il video-choc del rapper reggiano noto girato al Villaggio Stranieri alla presenza di decine e decine di comparse sprovviste dei dispositivi di protezione individuale in pieno lockdown.

“Sperando che armi e droga fossero finte, siamo solidali nei confronti degli agenti di Polizia vittime di questa “sommossa” e ci auguriamo che le scuole riaprano al più presto, per dare a questi ragazzi, oggi totalmente allo sbando, dei punti di riferimento culturali improntati al rispetto della legalità e dell’educazione” hanno proseguito. “Il fatto che la clip, che rappresenta una Reggio Emilia che sembra il Bronx, abbia raccolto in pochi giorni migliaia di visualizzazioni e decine di commenti entusiastici è sintomatico di un grave fenomeno rispetto al quale l’amministrazione continua a restare sorda” hanno detto i due esponenti del Carroccio.

Maura Catellani e Gabriele Delmonte (Lega)

“Il problema delle baby gang, formate soprattutto da figli di stranieri alla seconda generazione, si sta trasformando in una polveriera pronta a esplodere in qualsiasi momento, sintomatica di un’emergenza sociale figlia del fatto che le amministrazioni di sinistra che si sono succedute al governo della città da 70 anni, si sono sempre riempite la bocca di concetti quali integrazione e solidarietà, senza però mai essere in grado di tradurre in azioni e progetti concreti, credibili e soprattutto efficaci la propria propaganda inclusiva” hanno concluso Delmonte e Catellani.