“Vasco Ascolini un’autobiografia per immagini”: alla Biblioteca Panizzi per tutta l’estate la mostra dedicata al grande fotografo

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Uno tra i protagonisti della storia della fotografia in città, noto a livello internazionale e un’esposizione che ne percorre la vita e l’opera.

La biblioteca Panizzi ospita per tutta l’estate Vasco Ascolini. Un’autobiografia per immaginila mostra antologica a cura di Massimo Mussini (con il coordinamento di Monica Leoni, responsabile della Fototeca della Panizzi e di Elisabeth Sciarretta) che intende far conoscere al pubblico l’importante donazione del fotografo alla città: una collezione di circa 500 fotografie a stampa di diversi formati, che, insieme a quelle già catalogate nel patrimonio della Fototeca, tracciano una vera e propria biografia per immagini della vita artistica e professionale di Ascolini, che, come sappiamo, ha attraversato con i suoi scatti almeno 40 anni di storia della fotografia e lavorato in diversi paesi, dall’Italia alla Francia, passando per gli Stati Uniti, Austria e Germania.

L’ingresso alla mostra gratuita – in corso fino al 17 settembre – si svolge negli orari di apertura della biblioteca: fino al 27 agosto sarà aperta da lunedì a sabato 9.00 -13.15. Poi dal 29 agosto verrà ripristinato l’orario pomeridiano (da lunedì a sabato dalle 9.00 alle 19.00).

Vasco Ascolini nasce a Reggio Emilia nel 1937. Dopo un approccio amatoriale alla fotografia, verso il 1965 inizia la frequentazione di Stanislao Farri, suo primo maestro.

Dal 1973 al 1990 è fotografo del Teatro Municipale Valli: le sue fotografie di genere teatrale sono oggi conservate presso molti prestigiosi musei in Europa, America (Metropolitan Museum, al MoMA di New York, nella Library Collection Artist Files) e Giappone.

Ascolini insiste sulla sua caratteristica “cifra al nero” e sulla poetica del frammento anche quando, dalla seconda metà degli anni ’80, riceve numerose commissioni pubbliche per fotografare monumenti, musei e centri storici in Italia e Francia. Proprio l’incarico di fotografare Arles lo fa approdare nel 1991 ai “Rencontres internationales de la photographie”, offrendogli visibilità internazionale e dando inizio ad un legame profondo con la Francia e con i suoi più importanti musei come il Rodin, il Louvre, il Carnavalet, la Bibliotheque Nationale de France e tanti altri.

La passione per la ricerca non lo abbandona e nel nuovo millennio, grazie anche a interventi off camera in fase di stampa, si adopera “per creare apparenze informi, con il gesto guidato dall’automatismo inconscio, oppure visioni oniriche di certa pittura surrealista” (M. Mussini). A lui tutt’oggi continuano ad essere dedicate mostre personali e collettive. Del lavoro di Ascolini hanno scritto lo storico dell’arte Ernst H. Gombrich, il medievalista Jacques Le Goff, Jean Arrouye, Aaron Scharf, Federico Zeri, Arturo Carlo Quintavalle, e tanti altri. È Cavaliere delle Arti e delle Lettere della Repubblica Francese.

Vasco Ascolini da qualche anno affianca alla sua vasta produzione fotografica la creazione di una breve autobiografia inedita in cui, più che ricostruire le sue esperienze esistenziali, traccia la storia dei suoi incontri con critici e studiosi che hanno analizzato il suo lavoro: un vero e proprio diario di viaggio in cui ha appuntato i momenti che ha considerato importanti per la sua crescita intellettuale e artistica.

Sono oltre 6mila i visitatori della mostra compresi molti giovani, come ad esempio nelle settimane passate, gli studenti dell’Accademia Belle Arti di Bologna che hanno avuto il piacere di avere una visita guidata condotta da Ascolini, che fin dal momento inaugurale in occasione del festival Fotografia Europea, ha garantito una presenza costante in mostra.

Cinque sezioni tracciano il percorso espositivo del fotografo rigorosamente in bianco e nero. La prima sezione, dedicata agli esordi, permette di scoprire, attraverso un racconto per immagini, i primi passi di Ascolini nell’universo della fotografia contemporanea, dagli anni Sessanta all’incarico come fotografo ufficiale del Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia approfondendo i contatti con i suoi maestri, primo tra tutti il fotografo Stanislao Farri, con cui ha condiviso esperienze importanti all’alba della sua esperienza nel mondo della fotografia.

Un’altra sezione della mostra è dedicata al teatro, ambiente fondamentale per il lavoro di Vasco Ascolini, che nel corso del tempo scatta fotografie che smettono di essere solo il ricordo di uno spettacolo o la testimonianza di ciò che avveniva davanti e dietro le quinte del teatro Valli, ma diventano un’interpretazione che ne modifica il rapporto tra visione fisiologica e reazione mentale, costruendo immagini capaci di suscitare inaspettate suggestioni interiori.

Negli anni Ottanta Ascolini inizia a ricevere incarichi da diverse città in Italia e in Europa e ciò che deriva da queste commissioni sono raccolte di scatti di città, musei e monumenti che raccontano attraverso l’immagine in bianco e nero un tempo sospeso, le cosiddette città invisibili a cui è dedicata la terza sezione della mostra. Si passa poi all’indagine sulla malattia mentale attraverso i luoghi che nel corso dei secoli l’hanno segregata. Partendo dall’ospedale San Lazzaro di Reggio Emilia e muovendosi successivamente per la penisola italiana, Ascolini racconta un universo complesso e denso di significati.

Infine, l’ultima sezione della mostra, Sconfinamenti, approfondisce uno scarto importante nel lavoro di Ascolini, il quale all’improvviso sconfina dal territorio della fotografia tradizionale e dà vita un nuovo tipo di immagine. Queste fotografie, chiamate Inquietudini e Persistenze, imprimono sulla carta soggetti poco riconoscibili, grazie a un lavoro sulla pellicola che ne altera fortemente le condizioni. La fotografia diviene un linguaggio diverso da sé, non restituendo più una rappresentazione della realtà, ma trasformandola e proponendo nuove apparenze. 

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