Gelsi e Bialbero alla Reggia di Rivalta: i progettisti fanno tesoro degli studi di Pellini e rimettono in discussione il trasferimento

“Per mesi pareva prevalesse la sordità e l’insensibilità culturale. Ora, forse si è aperto uno spiraglio per l’integrità del filare dei gelsi monumentali che vegetano nel giardino della Reggia di Rivalta e del Bialbero, un Ciliegio che è cresciuto su un Gelso, che lo compone.

Al termine dell’incontro, molto partecipato, organizzato dai Rotary club Reggio Emilia e Val di Secchia, uno dei progettisti si è dichiarato disponibile ad approfondire ulteriormente e rimettere in discussione l’idea originaria di trasferire gli alberi altrove: comunque sicuramente non saranno più “deportati” all’ingresso del Palazzo, come proposto in prima battuta con grave rischio per la loro vita (sì, vorrei usare anche per le piante la parola “vita”!) e per la nostra memoria collettiva.

Ho sostenuto fin dalla prima presentazione del progetto che i gelsi stanno bene dove sono adesso anche perché rappresentano la nostra storia e trasferirli metterebbe a rischio la loro esistenza.

Grazie a Lucrezia Borgia, che ha favorito la sua introduzione, la nostra città era conosciuta in tutta Europa per la qualità dei “mori” che alimentavano i bachi da seta. L’arte della seta nel 1500 dava lavoro a metà degli abitanti del centro storico ed ha fatto la fortuna dei conti Trivelli, Spalletti etc.; ai Civici Musei sono ancora conservati i campioni di questa stoffa pregiata.

Trapiantare il filare di Rivalta cancellerebbe quella pagina di storia rappresentata anche dalla grande Azienda Agricola di Corbelli.

Provocatoriamente ho richiesto allora anche il trasferimento del grande Cedro deodara, protetto come albero monumentale, che al pari dei gelsi è cresciuto dopo la devastazione della Reggia. Lucidamente il prof Carlo Mambriani, professore di storia dell’architettura nell’Università di Parma, ha affermato che “il giardino deve essere dinamico”; le aspettativa di vita di questi gelsi sono effettivamente minori di quelle del Cedro, ma è solo quando non ci saranno più che ci si porrà il problema di come sostituirli.

Un’ultima annotazione sul raro Bialbero: a Casorzo, in provincia di Asti, la presenza di un Bialbero (Gelso più Ciliegio proprio come il nostro) è diventato un’attrazione turistica e intorno ad esso è stata attrezzata un’area di sosta con tavoli e panchine. E’ meta ogni anno di migliaia di visitatori ed è stato adottato dai viticoltori locali (malvasia); sotto la sua ombra si festeggiano l’equinozio, il solstizio d’estate ed è stato inserito nel sito del comune di Casorzo.

Come sostiene Stefano Mancuso, noto neurobiologo e direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, le radici degli alberi vicini sono collegate, “comunicano” e si stabilisce tra di loro una sorta di collaborazione che è pericoloso squilibrare. Quindi…

Ugo Pellini

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