Don Alberto Debbi, medico e sacerdote, ha raccontato la sua esperienza di ritorno in corsia durante la pandemia

Medico pneumologo all’ospedale di Sassuolo, poi il seminario e l’ordinazione presbiterale; a marzo in piena pandemia nuovamente in corsia nello stesso luogo di cura: medico e sacerdote. Questo il percorso che ha contrassegnato don Alberto Debbi, che domenica sera in Sant’Agostino ha parlato in modo toccante, coinvolgente e propositivo di questa sua esperienza.
L’incontro, dal titolo “da corpo a corpo”, promosso dall’Azione Cattolica diocesana, era inserito in un ciclo di quattro serate “Startincontro” che hanno coinvolto i vari settori in cui si articola l’A.C., come ha sottolineato la neopresidente Sara Iotti.

Sara Iotti (Presidente Azione Cattolica)

Attraverso un video sono state presentate le varie esperienze associative promosso in diocesi e i nuovi assistenti: don Daniele Casini, assistente generale e settore adulti; don Gionatan Giordani, giovani e don Gabriele Valli, ACR.

Don Debbi ha ripercorso le tappe del suo volontario e generoso rientro in reparto in piena pandemia, i momenti difficili e impegnativi vissuti accanto ai colleghi e agli ammalati, la difficoltà e la mancanza di relazioni, le scelte drammatiche da operare, la ricchezza delle esperienze vissute a contatto con chi era stato colpito dal coronavirus, il poter portare anche il conforto religioso assieme alle cure.
Ogni giorno si è vissuto il triduo pasquale: la passione, la morte e la resurrezione di chi dopo un lungo combattimento superava la malattia.

In tre parole: coraggio, relazione, ringraziamento don Alberto ha sintetizzato le settimane trascorso nell’ospedale di Sassuolo; ha ricordato l’impegno, la disponibilità dei medici e di tutto il personale sanitario. E’ stata quella per tanti l’occasione di una riscoperta o scoperta della relazione con il Signore di cui si avvertiva la prossimità; don Debbi al riguardo ha sottolineto come nei malati ci si è preso cura del Corpo di Cristo presente in loro. Forza particolare la davano la fede, la preghiera e il sentire che tanti pregavano per gli operatori sanitari e l’Eucarestia che il sacerdote celebrava.


Il relatore ha poi aggiunto che non basta porsi la domanda: dov’è Dio in questa sofferenza, ma soprattutto occorre chiedersi: dove sono io di fronte a questa situazione, facendo così un forte richiamo alla responsabilità personale.
Il Covid ha minato le relazioni umane; occorre una forte opera di sensibilizzazione delle giovani generazioni e soprattutto la ricerca di strade di unione e condivisione per ricostruire il tessuto sociale ed ecclesiale.

Alla relazione – svoltasi nella parrocchia di Sant’Agostino il cui parroco don Guido Mortari è stato vittima della pandemia – ha fatto seguito un ampio e partecipato dialogo dei tanti presenti con don Alberto; la serata è stata conclusa dal saluto e dalla preghiera dell’assistente diocesano don Daniele Casini.

GAR