“Riaprite il punto nascite e il Pronto Soccorso di Scandiano!”. La protesta davanti all’ospedale

Si è svolta questa mattina un’iniziativa di protesta davanti all’Ospedale Magati di Scandiano. Attivisti del Sindacato SGB (Sindacato Generale di Base) hanno distribuito volantini dove erano riportate le ragioni della protesta.
Di seguito riportiamo il testo.

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Sono passati quasi 5 mesi da quando, causa emergenza sanitaria COVID19, il punto nascite di Scandiano è stato chiuso in via precauzionale insieme al Pronto Soccorso.
Una chiusura che è stata cautelativamente prolungata fino a tutto il 30 settembre 2020, ma, ad oggi, né la Regione Emilia Romagna né l’Azienda USL di Reggio Emilia hanno fornito indicazioni precise su quanto tempo dovranno ancora aspettare le donne dell’intero comprensorio ceramico per vedere riattivato il punto nascite dell’ospedale Magati in tutta la sua funzionalità
Rammentiamo che nel 2017 il punto nascite di Castelnovo Monti è stato definitivamente chiuso e che il Ministero della Salute aveva concesso una deroga di due anni per quello di Scandiano, deroga che è ormai giunta a scadenza e che, considerato il prolungamento della chiusura, fa ritenere che il destino del punto nascite del Magati sia ormai segnato.
Analogamente alla chiusura definitiva del punto nascite montano, che avvenne, in maniera scellerata ma anche strategicamente sbagliata, con il raggiro periodo di sospensione estiva, non vorremmo che dietro reconditi espedienti sull’emergenza coronavirus la governance regionale avesse già deciso di negare in via definitiva il diritto di partorire presso il presidio ospedaliero del Magati alle donne dell’intero distretto di Scandiano.
Un segnale negativo in tal senso arriva anche dal fatto che, proprio presso il reparto di ostetricia e ginecologia del nosocomio scandianese, è stato implementato un servizio di libera professione intramoenia, integrato con l’Arcispedale Santa Maria Nuova. Una sorta di “privatizzazione soft” per le prestazioni pre-parto a cui le future mamme del distretto ceramico possono accedere (pagando!), salvo poi andare a partorire presso il presidio provinciale di Reggio Emilia.
Nonostante l’intero ospedale Magati goda della fiducia della popolazione, che ammira molto anche la professionalità delle operatrici e degli operatori dell’unità operativa di ostetricia e ginecologia, di fatto, allo stato attuale, essendo ancora chiusi anche i punti nascita di Guastalla e Montecchio, quello del capoluogo reggiano è l’unico ospedale dove le donne possono partorire.
Una situazione che deride tutta la retorica pomposa pre e post elettorale del presidente Bonaccini sulla riapertura dei punti nascita e che, forse, rappresenta un’anticipazione di ciò che sarà effettivamente il futuro MIRE.
In effetti, in virtù delle reiterate politiche di tagli alla sanità pubblica e le sciagurate logiche “ospedalo-centriche”, con conseguente depotenziamento e ridimensionamento delle strutture e dei servizi sul territorio, c’è più di un timore che, con la messa in funzione del MIRE, l’intera rete dei punti nascita provinciali non possa essere più sostenibile e tutte le prestazioni dell’area materno infantile possano essere accentrate sulla nascente struttura di Reggio Emilia.

L’emergenza COVID19 ha messo a nudo tutte le debolezze del sistema sanitario nazionale, ma ha anche evidenziato la necessità di investire risorse, tecnologie, professionalità e ricerca nella sanità pubblica, nonché l’esigenza di incrementare l’articolazione capillare di servizi e strutture sul territorio.
Come SGB, da sempre in difesa della sanità pubblico e del diritto alla salute di tutte e tutti, reclamiamo la verità sul punto nascite di Scandiano e, pertanto, richiediamo che la Regione Emilia Romagna faccia chiarezza sul suo destino e sull’intera struttura nosocomiale del Magati.

Siamo convinti che la ricetta per il rilancio del sistema sanitario nazionale debba partire necessariamente dal superamento della carenza di personale e del precariato, con politiche di stabilizzazioni e campagne di assunzioni vere e stabili, con il rinnovo del CCNL di categoria che comprenda il consolidamento in busta dei premi di 1000 euro (previsti dal decreto “Cura Italia” e dalla Regione Emilia Romagna, ma che non tutte le operatrici e gli operatori della sanità hanno avuto) e il rafforzamento dei diritti e dei salari a partire dall’introduzione della quattordicesima mensilità.

SINDACATO SGB