Reggiani in pellegrinaggio in Terra Santa con Don Dossetti: stacco dalla quotidianità e spazio per la spiritualità

Ha ancora senso nel terzo millennio – contrassegnato da un ritmo di vita frenetico, compulsivo, con l’agenda sempre piena, senza un attimo di pausa per sé; frastornati da mille voci, attratti dalle sirene del consumismo, dei “falsi profeti”, da innumerevoli fake news – partecipare ad un pellegrinaggio in Terra Santa, dove fondamentali e costitutivi risultano lo spazio per il silenzio, la riflessione personale, il colloquio con il Signore, la meditazione del Vangelo?

Il pellegrinaggio significa proprio lo stacco dalle occupazioni quotidiane, l’occasione di meditare il mistero della Salvezza, il fare spazio al silenzio come fece Maria. Lo ha sottolineato don Giuseppe Dossetti nell’omelia della Messa dell’Annunciazione nella basilica di Nazareth alla cinquantina di partecipanti al pellegrinaggio organizzato a metà marzo da Associazione “Giorgio La Pira”, e parrocchie di San Pellegrino e Gesù Buon Pastore (U.P. S.Maria Maddalena).

In una settimana è stato ripercorso, rivissuto e celebrato tutto l’anno liturgico: dall’Annunciazione, al Natale, alla Passione, alla Pasqua di Resurrezione, all’Ascensione nei luoghi in cui Gesù si è manifestato e ha vissuto. Vangelo alla mano, don Giuseppe ha letto e commentato con profonda chiarezza e capacità di coinvolgimento i brani in cui gli evangelisti raccontano le tappe della vita terrena di Cristo nei luoghi in cui duemila anni or sono si sono manifestate.

La preghiera, la fede in Dio, l’ascolto attento della sua Parola, l’abbandono alla sua volontà; la predilezione per i poveri, il momento della tentazione sono stati altri temi su cui si sono incentrate le sue omelie. Certamente colpiva il silenzio che domina nella Basilica degli ulivi, dove si è consumata l’agonia del Salvatore, così come quello che aleggiava nella cappella dell’adorazione ricavata accanto alla “grotta del latte”. Altri momenti intensi sono stati la visita al Monte delle Beatitudini, la celebrazione eucaristica a Cafarnao, la salita al monastero del Monte delle tentazioni.

E’ stato anche un pellegrinaggio che ha permesso di conoscere e riflettere sulla complessa, difficile e dura situazione di Israele e Palestina, sulle tante sofferenze delle popolazioni nei territori occupati e sulla testimonianza che la Chiesa cattolica offre: fondamentale è il suo ruolo nel campo dell’istruzione delle nuove generazioni, dell’assicurare loro possibilità di lavoro attraverso cooperative, della formazione del clero locale, dell’assistenza. Lo si è percepito chiaramente incontrando a Betlemme il rettore del seminario del patriarcato latino di Gerusalemme e la comunità della Piccola Famiglia dell’Annunziata a Ain Arik.

Pace: è stata la parola ricorrente; la Terra Santa, dove convivono, non senza problemi, le tre grandi religioni monoteiste, dovrebbe essere veramente il luogo di quella pace che il Signore ha voluto lasciare.

Un ultimo spunto: l’esperienza del deserto che come pellegrini abbiano compiuto l’ultima sera prima del rientro; un prezioso e irripetibile momento di grazia. Reduci da Gerico e dal Mar Morto, nel silenzio del deserto di Giuda dove fiori ed erba erano cresciuti grazie alle piogge, mentre il sole tramontava dietro i monti e saliva nel cielo una splendida e luminosa luna ognuno ha avuto spazio e tempo per un intimo colloquio con se stesso e il Signore, per una preghiera, per una riflessione sulla propria esistenza, sulla propria vita di fede.

Giuseppe Adriano Rossi