Produzione e vendita di plastica monouso: entra in vigore la Direttiva Europea che impone il divieto. Il significato di “bioplastica”

Da oggi, sabato 3 luglio 2021, entra in vigore la Direttiva Europea 904 del 2019, che vieta produzione e vendita di plastica monouso, ad eccezione delle scorte già presenti. L’obiettivo è ridurre la presenza di oggetti in plastica nei mari e sulle spiagge delle coste europee. Gli oggetti “colpiti”, come cannucce, cotton fioc, e posate, sono tra quelli ritrovati più di frequente nei mari e per i quali è già presente un’alternativa più sostenibile sul mercato.

Da qualche settimana l’Italia ha avviato un contenzioso proprio con la Commissione Europea, in quanto, al momento, rientrano nell’elenco anche gli oggetti in plastica biodegradabile. Per l’Italia rappresenta una forte limitazione, considerando che il 66% della plastica biodegradabile europea è prodotta proprio qui. Su un altro punto l’Italia chiede una revisione: l’esclusione dall’elenco degli oggetti in carta, ricoperti da un film di plastica per meno del 10% del peso.

In attesa dell’esito del contenzioso, è doverosa una precisazione. Con il termine bioplastica si intendono sia plastiche di origine vegetale che plastiche biodegradabili e compostabili.
Le prime danno un’indicazione dell’origine del materiale, ma non garantiscono una rapida degradazione nell’ambiente (per esempio il bio-Pet, per quanto prodotto a partire da fonti vegetali, richiede lo stesso, lunghissimo, tempo di degradazione del Pet tradizionale).
Con il termine biodegradabile si indica un materiale che nell’ambiente domestico si degrada per almeno il 90% in 6 mesi. Infine è compostabile tutto ciò che, in particolari condizioni di pressione, temperatura e ossigeno, si trasforma in un fertilizzante naturale, in altre parole ciò che possiamo gettare nel rifiuto umido differenziato di casa. Nell’ambiente, specialmente marittimo, queste condizioni sono tutt’altro che rispettate, da qui nasce l’idea di limitarne l’utilizzo, non avendo sufficienti prove a favore di una rapida degradazione.

Il Parlamento Europeo stima che nei nostri mari il 49% dei rifiuti sia dovuto a plastiche monouso mentre il 27% da materiali plastici utilizzati per la pesca. La percentuale dei rifiuti derivati dalla pesca cresce fino a un valore del 90% se ci spostiamo nell’accumulo di plastica presente nel Pacifico, al largo delle Hawaii, e ampio quanto 3 volte la superficie della Francia, come afferma un articolo pubblicato su Nature nel 2020. Uno studio del 2019, commissionato dal WWF, afferma invece che ogni settimana, attraverso aria, acqua e cibo ingeriamo in media 5 g di microplastiche, che è come se una volta l’anno il nostro pasto consistesse in un piatto da 250 grammi di plastica.

Questi numeri rendono l’idea della portata del fenomeno e della connessione presente tra tutte le parti del globo. Rinunciare alla plastica monouso non può esimerci dall’adottare comportamenti più responsabili, come una corretta e completa raccolta dei rifiuti e una conduzione più responsabile della pesca.

MC