“Prima la formazione, poi il voto”. Di Gianluca Tortora (FdI)

Il Governo Draghi ha iniziato la sua “luna di miele” sebbene molto più riservata rispetto ad esternazioni e ad uscite pubbliche dei suoi predecessori a Palazzo Chigi.
Pertanto, al di là dei due motivi principali dell’arrivo dell’ex Presidente della BCE al Governo, Piano vaccinale e stesura del Recovery Plan, sui quali sia sta cominciando a lavorare, i restanti problemi persistono. Primo fra tutti, la Scuola e, di conseguenza, la condizione dei giovani.

Della Scuola non ci si è preoccupati una volta terminato l’anno scolastico 2019/2020, dal momento che i banchi a rotelle o il colore delle mascherine non credo possano annoverarsi tra le soluzioni o realmente tra i progetti con cui affrontare la pandemia dalla prospettiva della Scuola e degli adolescenti.

Così come neppure nulla è stato fatto da parte sia del Governo che delle Regioni, nel momento in cui si è chiuso o riaperto una scuola che in realtà dovrebbe seguire un programma, necessita di un adeguato livello di confidenza tra gli alunni, corpo docenti etc. Per mutuare un’immagine dal mondo automobilistico, siamo in regime di safety car da marzo 2020. In Formula 1, tuttavia, dopo aver ripristinato le condizioni la corsa riprende: noi siamo invece sempre sospesi.

La Scuola è uno spazio non solo fisico in cui collocare banchi o tablet, ma un percorso di crescita, di formazione, di responsabilizzazione per coloro che domani dovranno governare, guidare un’azienda, diventare padri o madri, credere convintamente in un futuro prospero, avere speranza, come ricorda il Santo Padre di continuo rivolgendosi ai giovani.
Eppure per chi ci governa, il problema della Scuola e della condizione dei giovani in tempi di pandemia si risolve speditamente: DaD e tutti a casa. Sconcertante.

La Scuola come “Bene” non essenziale per il mondo degli adulti e dunque risolvibile in quanto con i genitori in smartwork c’è chi si può occupare di loro. Ma ci si è chiesti come? Se il/i genitori lavorano come questo sarebbe possibile? Da qui le conseguenze al momento annunciate da alcuni studiosi e urlate con preoccupazione da docenti e genitori anche nelle piazze della nostra città. Ma senza che nessuno nelle istituzioni abbia compreso realmente la gravità di una condizione che si appaleserà quando altri fenomeni saranno sotto gli occhi di tutti.
Tale condizione presenta luci ancor più fosche se si alza la testa e si osserva in casa dei confinanti Paesi europei.

In Francia, ad esempio, ricaduta in un lock down severo, le scuole sono rimaste aperte, perché si è ritenuta la frequentazione da parte degli adolescenti non solo importante per il benessere dei giovani, ma indispensabile per concludere un piano formativo adeguato. Medesima scelta operata in Spagna, dove seppur con soluzioni miste, la Scuola è stata una priorità. L’opposto rispetto a quello che si sta facendo, senza nessuna discontinuità, a livello di Governo centrale e di Regioni ormai da marzo 2020.

Non si può pertanto non solidarizzare con quei genitori, docenti ed alunni che anche venerdì scorso sono scesi in piazza Prampolini per manifestare tutto il disagio e la preoccupazione per quanto sta accadendo, senza peraltro ottenere dalla Regione Emilia Romagna alcuna risposta rispetto ai dati del contagio nelle scuole. Una mancata risposta che fa il paio con quanto affermato dal già Coordinatore del Comitato tecnico scientifico (CTS), Agostino Miozzo, secondo il quale il Ministero non conosce quanti docenti sta vaccinando, quali sono i contagi etc.

Mi sarei aspettato pertanto un livello di attenzione superiore dal Governo e dalla Regione Emilia Romagna e, perché no soprattutto proposte concrete da chi ha sempre sbandierato il desiderio di sostenere il mondo della scuola: la sinistra.
Non ho letto né visto nulla, neppure dal neo Ministro all’istruzione che si è preoccupato di aspetti solo burocratici: il prossimo esame di maturità.

Il neo Segretario del PD Enrico Letta si preoccupa di allargare la platea dei votanti ai sedicenni. Mi permetto di osservare che i sedicenni avrebbero il diritto, prima di essere ammessi ad esprimere il proprio consenso, di essere formati e responsabilizzarsi nei confronti della società che abitano e che andranno a guidare.

Solo dopo un percorso di crescita i giovani possono esprimere un consenso verso un programma o un’idea, senza immaginare da parte del PD di attrarre porzioni di società che sono dimenticate fino a 16 anni convocandole alle urne semmai con i social media.

Preoccupiamoci prima del benessere psico fisico e della formazione dei giovani, c’è tempo per esprimere il consenso senza svendere un istituto importante come quello del voto.

Gianluca Tortora (Presidente Circolo Culturale “G. Gentile” Fratelli d’Italia)