“Onin” il volto della Liberazione: quattro anni fa moriva il partigiano Giuseppe Piccinini. Il ricordo di Alessandro Fontanesi

Se si potesse dare un volto al giorno della Liberazione, quello di Giuseppe Piccinini, immortalato proprio in una delle fotografie di quei giorni esaltanti del 25 aprile, ne coglie e rappresenta appieno il significato più autentico. Un volto sorridente, pulito, vero, l’immagine della libertà senza ombra di dubbio.
Onin è un nome diventato leggenda, quello del partigiano che non ho mai avuto la fortuna di conoscere personalmente, eppure ho imparato a farlo dai racconti dei suoi familiari, dai libri di storia come quello di un altro partigiano e dalla personale testimonianza di Nemesio Crotti, di cui fu compagno e amico.

Giuseppe Piccinini ci lasciava proprio la notte di Natale di quattro anni fa, ma non la sua storia e tantomeno il ricordo di una vita sempre al servizio del popolo. Sia durante la Resistenza al fascismo ed anche dopo la guerra, quando si doveva ricostruire un paese distrutto dal fascismo, dove mancava il lavoro, dove c’era la fame. Ma soprattutto dove i partigiani come Onin finivano in galera, mentre i fascisti che avevano venduto ai tedeschi quella “patria” di cui anche oggi si riempiono la bocca, riprendevano i loro posti nelle questure, nelle prefetture, negli uffici pubblici, nei tribunali. Giuseppe era uno degli 8 fratelli della famiglia Piccinini di Cavriago, di profonde convinzioni antifasciste, che fu sempre impegnata politicamente e socialmente anche dopo la Liberazione. Cinque dei suoi fratelli, Mario, Paolo, Libero, Luigi e Livio erano infatti partigiani, ma fu in particolare con Livio “Delinger” che il 7 luglio 1944 fuggì dalla Caserma di Casale Monferrato per unirsi alle formazioni dei partigiani della montagna, entrando a far parte del distaccamento “Beucci”. Onin diventerà il comandante del terzo Battaglione della 26^ Brigata Garibaldi “Enzo Bagnoli”.

Quatto anni dopo è veramente struggente la nostalgia, ma è intatta la storia esemplare di Onin, viva, vera, “pulita” e sorridente come in questa foto durante il giorno della Liberazione ad Albinea. Perché e come ha saputo testimoniare Lidia Menapace, altra grande partigiana comunista, ci si può dimettere da tutto, ma mai dall’essere partigiano. Onore a voi eterni ragazzi ❤️

Alessandro Fontanesi