L’assassino della 34enne peruviana Juana Cecilia Hazana Loayza è l’ex 24enne Mirko Genco, già arrestato per atti persecutori nei confronti della vittima

Sono bastate poche ore per giungere da parte degli inquirenti alla soluzione dell’omicidio della 34enne peruviana Juana Cecilia Hazana Loayza, la donna trovata morta questa mattina in un parco pubblico in via Patti in città, vicino all’ex polveriera.
A scoprire il cadavere di Juana alle 9,30 una residente che passando vicino ha sentito la vibrazione di un cellulare seguendone il rumore fino alla tragica scoperta. Dall’altra parte del telefono, si scopre successivamente, era la madre che la stava attendendo a casa, nell’appartamento di via Melato, a pochi passi dalla tragedia.

L’uomo che l’ha sgozzata con un coltello è il suo ex compagno 24enne Mirko Genco, che ha confessato il fatto.
Anche la madre di Genco, Alessia Dalla Pia, fu vittima di femminicidio: nel 2015 era stata uccisa a Parma dall’allora compagno 30enne Mohammed Jella. L’uomo l’aveva picchiata, annegata, poi trascinata ormai priva di vita nell’androne della palazzina dove vivevano. Dopo un anno di latitanza era stato arrestato in Tunisia, mentre Genco ha continuato a vivere con i nonni materni.

Genco è residente a Parma, e svolge il lavoro di venditore porta a porta a Reggio Emilia nel settore delle utenze domestiche.
I Carabinieri l’hanno rintracciato oggi mentre lavorava in via Giacinto Pezzana, altezza Piazza degli Strinati, in città, dov’è stato fermato senza opporre resistenza.
Portato in caserma e sottoposto a interrogatorio ha reso dichiarazioni in merito alle sue responsabilità. Dalla ricostruzione degli eventi, il 24enne, la sera precedente, era giunto in città da Parma dopo aver visto sui social la foto di Cecilia sorridente all’interno di un pub: rintracciata la donna in un locale del centro, stava andando insieme a lei a piedi verso l’abitazione di quest’ultima.
Durante il tragitto, nel parco pubblico poco distante dall’abitazione della vittima, l’ha aggredita, tentando prima di strangolarla per poi accoltellata.

L’uomo, espletate le formalità di rito, è stato portato in carcere. L’arma del delitto, un coltello da cucina, è stato sequestrato.

Mirko Genco già il 5 settembre era stato arrestato per atti persecutori nei confronti della vittima. Scarcerato il 6 settembre, era sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento.
Il 10 settembre era stato nuovamente arrestato per violazione alla misura del divieto di avvicinamento, violazione di domicilio e ulteriori atti vessatori, ottenendo il 23 settembre gli arresti domiciliari sino al 4 novembre, giorno in cui è decaduta la misura cautelare per la sopraggiunta sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Reggio Emilia il 3 novembre a 2 anni di reclusione con pena sospesa.
I fascicoli per stalking erano confluiti in un procedimento penale nelle mani della pm Piera Cristina Giannusa. Davanti al giudice Donatella Bove Genco, difeso dall’avvocatessa Alessandra Bonini patteggia la pena.

Ma com’è possibile? Si chiede già il popolo, che una Giustizia lasci libero un soggetto così?

Il “Codice rosso”, entrato in vigore  circa due anni fa, permette agli stalker il patteggiamento a una condizione: che segua un percorso di riabilitazione psicologica; in quel caso, la pena è sospesa. Quindi terminano le misure cautelari e – a dispetto di una Giustizia lumaca per tante cose- “si azzerano” immediatamente i domiciliari. Quindi Mirko Genco è libero per legge. Libero di rivolgersi a una psicologa come “promesso” al Giudice e allo stesso tempo libero… di uccidere.

mb