“La fatwa, un intervento inappropriato in uno Stato laico”. Dal “Gruppo +Europa” Reggio Emilia

Seguiamo con stupore che dopo la sparizione di Saman Abbas, si emette una fatwa contro i matrimoni combinati o, diciamo, “forzati” e contro l’infibulazione. A nostro avviso, la questione è più complessa e articolata, e non si può derubricare a femminicidio in quanto in questo caso anche la madre ha avuto un ruolo attivo nella scomparsa della ragazza.

Innanzitutto partiamo dall’infibulazione ricordando che grazie alla sommossa delle donne africane e alle donne come EMMA BONINO contro percorsi e punture alternative, dal 2006 in Italia è in vigore una legge specifica contro le mutilazioni genitali femminili e che questa pratica non è prerogativa dell’Islam ma tradizionale ed ecumenica.
Di conseguenza è difficile comprendere perché tale usanza in uso in paesi anche non musulmani debba essere considerata come pratica islamica.
Per quel che concerne i matrimoni forzati in tenera età, va detto invece che riguardano in maggioranza paesi e comunità islamiche.

Sbandierare la fatwa reputiamo sia un intervento inappropriato in quanto si introduce la religione islamica all’interno di uno stato laico con diritti giuridici e individuali ai quali tutti i cittadini – credenti o meno – sono soggetti in maniera paritaria.
Se poi questa fatwa viene dichiarata dall’Ucoii, allora suona ancora più strano. Come ha ricordato il Prof. Redouane, Segretario Generale della Grande Moschea di Roma, chi oggi proclama la fatwa è volto verso la fratellanza musulmana.

I membri del Ucoii non hanno mai proclamato alcunché quando solo poche donne erano in prima linea – rischiando il linciaggio da parte di alcuni appartenenti alla comunità musulmana – al processo contro Mohamed padre di Hina Saleem, o contro El Ketawi, padre di Sanaa Dafani. Non c’è stato nessun impegno per la vicenda di Sana Cheema di Brescia uccisa in Pakistan perché ritenuta troppo indipendente. Per non parlare poi della madre di Sheen Butt, uccisa perché voleva difendere la figlia che, secondo la sua comunità, disonorava il nome della famiglia paterna.

Si sono mai espressi con condanne precise, richiamando il rispetto alla libertà individuale e religiosa sancite dalla Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea? Mai una presa posizione contro le segregazioni o le impiccagioni delle donne iraniane che vogliono togliersi il velo. Nessuna presa di posizione chiara sul ritiro della Turchia guidata da Erdogan dalla Convenzione di Istanbul ratificata anche dall’Italia (sub specie matrimoni forzati e mutilazioni genitali) contro la violenza di genere.

Andare contro a matrimoni forzati, emancipare le donne da destini d’inferiorità, ricondurre le cittadine a pari diritti e opportunità legali e costituzionali in materia di eredità, scelte matrimoniali, testimonianza e partecipazione civica, non è un puro esercizio di esteriorità, ma un duro lavoro quotidiano per il cambio dei paradigmi discriminatori. È mai possibile che quando Pillon, che è un conservatore esponente politico della Lega si dichiara contro l’aborto, noi donne e uomini paladini dei diritti l’avversiamo (giustamente), e poi si tenda a sorvolare sui conservatori islamici che su questo tema la pensano tale e quale.

Pertanto diciamo NO alla strumentalizzazione di questo tema, sia dalla parte politica di destra che di sinistra. Vogliamo ricordare in primis alla coalizione del centro sinistra di cui facciamo parte: se davvero intendiamo risolvere questi problemi in maniera pragmatica, allora dobbiamo uscire da questa contrapposizione. Per tutelare i diritti delle donne musulmane e non solo, è necessario un confronto civile in cui si parte dal fondamento di uno Stato Laico con diritti e doveri tenendo fuori ciò che riguarda la Spiritualità e la Religione.

Gruppo di +Europa di Reggio Emilia