“La cucina ebraica: viaggio culturale attraverso le ricette”, pubblico entusiasta al convegno di Istoreco in Sinagoga

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La cucina ebraica: un viaggio culturale attraverso le ricette”. E’ stata molto interessante l’iniziativa organizzata da Istoreco presso la Sinagoga in via dell’Aquila in città. Dopo l’introduzione di Simonetta Gilioli, il pubblico ha ascoltato la lectio della Prof. Flavia Rossi, studiosa del mondo ebraico, già docente del Liceo Scientifico Moro, su un tema solo apparentemente culinario.
Azzeccatissimo infatti il titolo dell’iniziativa: la Rossi ha spiegato magistralmente la “cultura” che sta dietro ogni ricetta tradizionale del mondo ebraico.

“La cucina ebraica è famiglia, stabilità e anche nostalgia -ha evidenziato la studiosa durante l’incipit della lectio-. E’ molto di più di una pietanza: è una mappa impregnata di tradizioni antichissime che non si cancellano mai”. Gli stessi oggetti utilizzati in cucina talvolta vengono lasciati esposti, come ad esempio un mortaio, perchè ricordano il passato nostalgico di una famiglia.
“Se si pensa a tutte le limitazioni imposte nella cucina ebraica, è strano che possa essere così variegata”, ha sottolineato la Rossi.

La cucina viene tramandata e portata dagli ebrei nel loro peregrinare, adattandosi a seconda dei paesi, ma c’è una base che è comune per tutti. Non bisogna dimenticare che la diaspora ha portato le comunità ebraiche in tutto il mondo e non sempre nei paesi in cui si faceva tappa erano disponibili tutti gli ingredienti necessari per un certo tipo di ricetta. Basti pensare al “gefilte fish”, un pesce con determinate caratteristiche ripieno di erbe: per la tradizione dev’essere una carpa o un luccio, ma in Alaska è un tipo di pesce che non esiste, ecco quindi che le comunità ebraiche insediate in quel territorio lo sostituiscono con il salmone.

Per quanto riguarda le limitazioni della cucina ebraica, esse devono essere “koscher”, ovvero rispettare le leggi dell’alimentazione ebraica (kasherut) che derivano dalla Bibbia, e sono dettagliate nel Talmund (uno dei testi sacri dell’ebraismo) che, insieme ad altri codici delle tradizioni ebraiche, è considerato trasmissione della Torah.
Per la cultura ebraica “Il cibo non è solo ciò che mangi, ma è ciò che ti fa diventare”, ha spiegato la prof. Rossi. “Nel kosher è riportato cosa si può mangiare e cosa no. Ciò che è kosher lo è ovunque, in qualsiasi parte del mondo, e significa “puro”, non contaminato, quindi adatto ad essere mangiato”.
Fra i principi cardine la netta separazione fra latticini e carne (“non si cuocia il capretto nel latte della madre”).
Gli animali consentiti sono in tutto 42: gli animali ruminanti che hanno lo zoccolo, la mucca, il vitello, la pecora, la capra, mentre il maiale, il coniglio, il cammello o il cavallo sono vietati. Ammessi quasi tutti i volatili (tranne i rapaci), il pollo, in particolare, è molto utilizzato.*La carne dev’essere perfettamente lavata e asciugata affinchè non vi sia nemmeno una goccia di sangue, elemento che rappresenta la vita. Il pesce deve avere pinne e squame ben separabili, quindi sono esclusi crostacei e molluschi.
Tutti gli altri cibi sono “pareve”, ovvero neutri, neutrali è possono accompagnare qualsiasi pietanza: il pane, la frutta, verdura, pasta, cereali, noci, fagioli, legumi e oli vegetali, oltre alle bevande come bibite, caffè e tè.

Da sx: Flavia Rossi e Simonetta Gilioli

La cucina ebraica è scandita spesso dai tempi del calendario ebraico.
Per ragioni di tempo la Prof. Flavia Rossi ha illustrato quelle principali: il capodanno ebraico: si mangiano moltissimi dolci (per augurare un anno dolce), brodo (il colore oro augura fortuna) e cibi bianchi (portano purezza). Il capodanno ebraico termina con una giornata in cui si mangia solo pane e acqua, poi si riprende normalmente.

La Festa dei tabernacoli è fra le feste più importanti e in Israele dura sette giorni: viene costruita una capanna in giardino o anche all’interno della casa, fatta di fiori e frutta, e per sette giorni si mangia solo sotto la capanna in particolare cibo di stagione, torte salate e strudel. E la festa che ricorda la vita del popolo di Israele nel deserto durante il loro viaggio verso la terra promessa, quando costruivano una dimora fragile vivendo appunto nella capanne (sukot).

Festa delle luci: ricorda la vittoria sui Seleucidi e della purificazione del Tempio. Si celebra per otto giorni con l’accensione di una lampada speciale che rimane sempre accesa. Tipiche per questa ricorrenza le frittelle di patate, cipolla e farina oppure le Blintzes, una sorta di crepes al formaggio fritte con olio d’oliva.

Il Capodanno degli alberi: cade fra gennaio e febbraio. Considerando che le tasse sul prodotto venivano versate a raccolto avvenuto, il festeggiamento rappresentava una sorta di ringraziamento per la fecondità della terra dell’anno e un’occasione di augurarsi un raccolto migliore per l’anno successivo. Si mangano frutta e verdura in ordine ascendente, l’ultimo frutto è il cedro che è considerato il migliore.
Anche per chi non è ebreo, la festa può essere da spunto per riflettere sull’importanza della natura e l’obbligo di rispettarla, ricordando che in Italia la Giornata Nazionale degli Alberi si festeggia il 21 novembre.

Il Carnevale ebraico (Purim): in genere cade nel mese di marzo, non ci sono limiti, nemmeno per quanto riguarda le bevande alcoliche.

Festa Seder: significa “ordine”. E’ il momento culminante della Pasqua ebraica durante il quale viene dato molto spazio ai bambini, in particolare dando loro risposte alle domande curiose tipiche della fanciullezza: per gli ebrei adulti diventa anche un “ripasso” sui propri valori.
Durante questa festa si mangiano spesso uovo sodo ed erbe amare (l’erba amara è il ricordo dell’amarezza patita dagli ebrei sotto il dominio del faraone). Tipico piatto della tradizione per questa festa il “charoset”, impasto a base di frutta fresca e secca che ricorda l’argilla con cui si fabbricavano i mattoni in Egitto durante l’uscita miracolosa degli ebrei dalla schiavitù egiziana.

Festa Shavuot o “festa del passaggio, della pentecoste”: celebra la rivelazione di Dio sul Monte Sinai, dove ha donato al popolo ebraico la Torah. È legata alle primizie del raccolto. Si mangiano molti latticini, latte e cocco.

Al termine del convegno in Sinagoga, lungo via dell’Aquila era imbandita una lunga tavola che ha ospitato i partecipanti. Il menù, curato dal ristorante Cucine Clandestine, rigorosamente ebraico.

Marina Bortolani