La carità dei Cappuccini a Reggio Emilia nei secoli

“Noi siam come il mare, che riceve acqua da tutte le parti, e la torna a distribuire a tutti i fiumi”: questa frase di fra Galdino, nel capitolo terzo dei Promessi Sposi, è stata citata martedì sera da padre Lorenzo Volpe per delineare lo stile della carità esercitata nei secoli  dai Cappuccini. Lo ha fatto  nel corso dell’incontro del ciclo “Pane quotidiano”, in cui ha ripercorso le varie forme di carità ispirate e attuate dai francescani, religiosi e laici, a Reggio.

Richiamate la predilezione di Gesù per i piccoli, i poveri, gli orfani, le vedove e la decisione degli Apostoli, riportata negli Atti, di designare sette uomini deputati al servizio delle mense, quindi ad un servizio di carità, il relatore ha sottolineato che già San Benedetto nella sua Regola al n. 53 raccomandava di accogliere sollecitamente poveri e pellegrini, vedendo in essi l’immagine di Cristo.

Con San Francesco si ha un ulteriore passo; incontrando il povero e il lebbroso decide di farsi loro prossimo: non solo il servizio, si siede a mensa accanto a loro; quindi esercita servizio e vicinanza al povero.

Padre Volpe, che ha approfondito il tema delle soppressioni delle congregazioni religiose nella Reggio dei secc. XVIII-XIX – provvedimenti dapprima napoleonici e poi del Regno d’Itala che hanno privato tantissimi indigenti del cibo e dell’assistenza- ha focalizzato, attraverso gli studi di mons. Giovanni Saccani,  l’opera veramente meritoria dei Frati del Parolo, terziari francescani, un’istituzione laicale che nella sua Casa di via dei Gobbi sfamavano i poveri, ma assicuravano anche assistenza medica e i medicamenti necessari, nonché le doti per le fanciulle. Quindi, non solo la “minestra dei frati”.

Il relatore ha poi ricordato alcune figure di frati questuanti o “cerconi”, per giungere all’attuale Mensa dei Cappuccini – ripristinata da padre Eugenio Cargiolli – dopo gli anni del boom economico. Essa assicura quotidianamente, grazie a tantissimi benefattori e all’opera di generosi volontari, la cena a circa  160-180 poveri – stranieri, italiani, anziani. Non solo il cibo chiedono quanti si rivolgono ai Cappuccini: la Mensa  assolve anche ad una funzione di aiuto morale e spirituale.

L’elevato numero di richiedenti mostra che la povertà esiste – eccome- anche nella nostra città; il benessere non è per tutti. Ma serve anche il generoso sostegno di chi può per garantire che questo prezioso servizio possa continuare.

L’incontro era stato introdotto da Maura Favali e Davide Dazzi che hanno evidenziato le varie iniziative culturali e caritative che fanno capo al convento di via Ferrari Bonini.

Gar

(Nella foto: padre Lorenzo Volpe e Davide Dazzi)