Intervista al pugile-infermiere Valentino Manca: “Tutti insieme in un unico grande braccio per dare il ko al Coronavirus”

Parli a Reggio Emilia di Valentino Manca e scatta immediata una specie di ovazione, “Un mi-to!”, da parte di chi l’ha conosciuto, nello sport, sul lavoro, in politica, nelle amicizie… l’entusiasmo è sempre il medesimo.
Valentino Manca, ex campione di boxe, ha alle spalle 11 anni di onorata carriera come professionista -dal 1989 al 2000-, sotto l’ala del maestro e manager Sergio Cavallari, vincendo quattro titoli italiani e due europei. Uno sport che l’ha forgiato a 360 gradi, e che oggi tramanda come istruttore alle nuove leve della Boxe Tricolore Olmedo con eccellenti risultati.
Parallelamente Manca svolge la professione di infermiere al San Lazzaro presso il centro di Salute Mentale. Un lavoro che porta avanti con passione tanto da scegliere di interrompere dopo soli 2 mesi la malattia (ndr, a seguito di un’operazione doveva rimanere tassativamente a riposo da 4 a 6 mesi) in pieno periodo Covid per aiutare i colleghi.
L’ha fatto per “senso civico”, come spiega nell’intervista. Un valore ben saldo e radicato tipico di un vero pugile che non si arrende mai, perchè la boxe, se l’hai conosciuta, apprezzata, amata e vissuta fino all’ultima goccia di sudore, ti pulserà nel sangue per sempre, e per sempre ti darà quella spinta e forza in più nella vita di tutti i giorni come dimostra egregiamente l’ex campione Valentino Manca.

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Valentino, partiamo dal suo lavoro come infermiere: come sta vivendo questo delicato momento caratterizzato dalla presenza del virus Covid-19?
E’ un momento molto impegnativo per tutti, durante il quale si lavora gomito a gomito. Anche se lavoro in una struttura psichiatrica e non in un reparto ad alta intensità Covid, si è sempre sul chi va là, perchè si tratta di una tipologia di pazienti con i quali non sempre è possibile far rispettare le regole, le distanze, la pulizia delle mani ecc.. In teoria dovrei essere a casa perchè sono stato operato al tendine della spalla e l’ortopedico mi ha dato dai 4 ai 6 mesi di malattia, ma per senso civico dopo 2 mesi, anche se non ho recuperato al 100%, sono tornato al lavoro per dare una mano ai miei colleghi.

Una scelta che le fa onore. Cos’è per lei il senso civico?
Quando vedi i tuoi colleghi esasperati per dei turni di lavoro in un momento critico particolare e difficile come questo, non puoi far finta di niente e guardare solo il tuo orticello. “Senso civico” è anche questo. Non è quindi solo attenersi alle regole, ma valorizzare le persone, i colleghi, i pazienti, i tuoi cari..

Non ha mai temuto e non teme di essere contagiato?
Sì, ho il timore di essere contagiato, come lo ha chiunque, e come dovrebbero averlo anche gli incoscienti che non rispettano le regole. A tal proposito vorrei evidenziare che il rispetto per le regole non serve solo per se stessi, ma anche e sopratutto per gli altri. Le persone che girano in gruppo forse non capiscono cosa comporta questo tipo di malattia: bisognerebbe far vedere dal vivo il lavoro crudo nell’intubare una persona colpita da Coronavirus. Non ci si deve mai sentire invincibili pensando che capiti solo agli altri.

In passato scese in campo a Reggio Emilia per un partito di centro destra. Secondo lei Reggio Emilia e la nostra Regione stanno gestendo bene questo delicato momento?
Guardi, in tutta franchezza la politica ormai non mi interessa e non ne voglio più sentire parlare, ma ascoltare tutti i giorni il Sindaco Luca Vecchi, attraverso la sua diretta, che ci sta vicino, che ci tiene informati in costante contatto con il Direttore Generale dell’Ausl Fausto Nicolini… dà un senso di appartenenza e di sicurezza. Questo lo sento e gli va riconosciuto in tutta onestà. Stessa cosa per quanto riguarda il Presidente della Regione Stefano Bonaccini. Ripeto, non voglio entrare nel merito di cose politiche, ma bisogna ammettere che siamo in buone mani, amministrati e gestiti bene in questa situazione. Di più non penso proprio che si possa chiedere o pretendere.

Chi le manca in particolare in questo periodo?
Mio figlio Vittorio che colgo l’occasione per salutarlo: sono un po’ di mesi che non lo vedo perchè si è trasferito a Napoli per il master universitario e ora anche lui è bloccato nella città partenopea e non so quando lo rivedrò.

Lei è un noto ex campione di boxe, temprato da anni di sacrifici che l’hanno portata a vincere titoli italiani ed europei. Il pugilato dà una forza in più nella vita e nell’affrontare le battaglie?
Sì, la boxe mi ha aiutato tantissimo, anche dal punto di vista comportamentale, mi ha forgiato…viene sempre fuori la caratteristica dell’ex atleta nel poter stringere i denti, nel saperlo fare, nell’aver pazienza, nel non mettersi muro contro muro. L’attività agonista che ho svolto serve sempre nella vita.
Ma non sono l’unico campione: tutti i miei colleghi sono campioni, lavorando fianco a fianco e anche tantissime altre persone, lavoratori autonomi, artigiani, persone che hanno un’attività e ora sono fermi perchè ad esempio non è consentita l’apertura di un locale… magari non hanno mai fatto sport da combattimento, ma stanno combattendo una battaglia dura dimostrando di avere tanto carattere, voglia di vivere e di farcela.

Combattere sul ring e combattere un virus maledetto: cos’hanno in comune i due match?
Sono due realtà totalmente differenti, perchè sul ring combatti ad armi pari, contro questo virus no. E’ subdolo, sconosciuto, e appena abbassi la guardia ti frega e ti mette ko in tutti i sensi. Non ci sono proprio paragoni. Questo virus andrebbe combattuto ad armi pari che oggi non abbiamo, se non la scienza, sperando di trovare presto un vaccino e rispettando le regole stabilite dal Ministero della Sanità.

Da pugile-infermiere cosa auspica per affrontare al meglio questo momento e uscirne vincenti?
Spero di poterci unire tutti insieme in un unico grande braccio e dare un ko al virus, perchè una vittoria ai punti comporta tanti morti, la vittoria per ko significa rendere del tutto inefficace il virus.

Marina Bortolani, @nextstopreggio.it