Il ponte di Genova divide la politica: di qui i Torquemada (a parole) del Governo, di là gli scavatori del Pd

Conte, Di Maio e Salvini sono stati dei geni a livello di comunicazione: a Genova svolazzava ancora la polvere sopra il ponte crollato, che loro già avevano chiesto le dimissioni dei vertici di Autostrade per l’Italia e la revoca senza indennizzo della concessione. La colpa è stata tutta scaricata sulla Spa, e dichiarata la volontà di volere procedere alla nazionalizzazione dell’autostrada “senza aspettare i tempi della giustizia penale”.

I giallo-verde hanno bruciato sul tempo gli avversari e vinto il confronto mediatico… anche se, a dire il vero, non è che ci voglia molto a essere più reattivi del Pd.

Credo che di fronte a una tragedia così clamorosa, inaudita e inammissibile il Governo abbia fatto non bene, ma benissimo a chiedere le dimissioni dei vertici di Autostrade, anzi, mi sorprendo come questi personaggi possano essere ancora al loro posto. Una spudoratezza che vediamo solo in Italia. Nei Paesi normali e di diritto si sarebbero dimessi dopo due ore. Negli Stati più pragmatici sarebbero già stati arrestati, senza processo. Nei più dittatoriali e dispotici messi al muro.

In questo specifico contesto, ritengo altresì condivisibile il principio espresso dal Governo di volere attivare radicali azioni amministrative senza attendere i tempi della giustizia penale. Non è pensabile assumere decisioni politiche solo dopo il pronunciamento dei tre gradi di giudizio, quindi, se va bene, tra 10 anni, probabilmente mai perchè finirà tutto in prescrizione.

Il merito all’annunciata iniziativa del Governo (su cui c’è già stata una retromarcia), invece, mi pare semplicistico e qualunquista, al di là delle penali e delle compensazioni miliardarie da pagare. Non sono tra coloro che credono al ritornello “Pubblico buono, privato cattivo”, sulla falsariga delle pecore del libro “La Fattoria degli animali” che spendevano tutta la giornata a ripetere “Quattro gambe buono, due gambe cattivo”. Non per nulla nell’allegoria del libro le pecore rappresentano le masse facilmente manipolabili che si lasciano impressionare dagli slogan.

E’ la gestione che deve essere esercitata tramite dipendenti pubblici (come se le società pubbliche, spesso impestate dalla politica e dalle sue clientele, siano di per sé sinonimo di efficienza e di onestà, o in Italia non abbiano e stiano tuttora combinando immani disastri tra ruberie e sprechi….) o pubblico e rigoroso deve essere il controllo su un servizio che può anche essere svolto dal privato (dentro la pianificazione pubblica), a patto che a questi si chieda di garantire l’interesse collettivo e investire risorse proprie e non solo di mettersi in tasca i soldi?

Un’altra domanda da porsi è se in questi anni lo Stato abbia controllato i piani di investimento o di manutenzione del concessionario, preteso interventi sul ponte Morandi già da anni oggetto di interrogazioni parlamentari circa la sua pericolosità, predisposto controlli indipendenti o si sia limitato a fare il passacarte, a prendere atto, a prendere per buono ogni documento che gli rifilavano Autostrade per l’Italia e i suoi tecnici per superficialità, per quieto vivere, per interesse, speriamo non per collusione?

E’ questo, a mio avviso, il cuore della questione. Il Governo lo appuri e vada fino in fondo, per davvero, nei fatti, non solo su Facebook.

E poi ci sono quelli del Pd, che non stanno di certo manifestando la determinazione di Torquemada dell’Inquisizione spagnola. Gli esponenti democratici non sono riusciti ad andare oltre un “questo è il momento di unirci, non di dividerci. Questo è il momento del silenzio” (vedi gallery a fondo pagina). Nessuna parola contro i vertici di Autostrade o altri, al più l’auspicio che la giustizia segua il suo corso. Difficile pensare che saranno loro a far perdere il sonno agli eventuali colpevoli, a chiedere loro conto di quanto è successo. Ma i colonnelli del Pd devono stare molto attenti: quando si tocca il fondo del 15% non è che ci si possa accontentare per tirare a campare ancora per qualche annetto, perchè si può fare sempre peggio, e mettersi a scavare.

Invece di continuare a massacrare la sinistra italiana, questi scavatori dovrebbero prestare i loro servigi in mezzo alle macerie di Genova, come risarcimento, visto che in questi ultimi anni la responsabilità delle infrastrutture in Italia è stata loro. E oggi del ministro Toninelli, un altro che è sì in carica da soli due-tre mesi, ma non è nella posizione di fare lo scaricabarile.

Andrea Marsiletti