Il magistrato Gratteri in città: “Il processo Aemilia è un punto di partenza, non di arrivo. Attenzione: la criminalità organizzata più furba e scaltra ha affinato le armi”

C’erano circa 50 persone all’ex Polveriera ad ascoltare il Procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri da sempre in prima linea contro la ‘Ndrangheta in Italia, e il Prof. Antonio Nicaso, docente universitario ed esperto di criminalità organizzata. I due hanno pubblicato di recente insieme il libro “Complici e colpevoli” nel quale si parla anche di Reggio Emilia, puntando il dito sui tanti “genuflessi e accondiscendenti” nel nostro territorio che hanno permesso il radicamento della ‘Ndrangheta nel reggiano.

Ormai di casa a Reggio Emilia, Gratteri e Nicaso sono ancora una volta protagonisti del “Festival della Legalità”, sensibilizzando in particolare i giovani studenti reggiani a non abbassare mai la guardia e ad essere sempre cittadini attenti, pronti a denunciare in qualsiasi momenti i fenomeni mafiosi. L’incontro all’ex Polveriera era stato organizzato dal Consorzio Oscar Romero e dalla Coopertiva L’Ovile.

Gratteri ha aperto l’incontro parlando del processo Aemilia come “un punto di partenza, non un punto di arrivo”, perché “è solo l’inizio di una lotta contro la criminalità organizzata che affina sempre di più le proprie armi al passo con i tempi per inserirsi subdolamente nella collettività. Attenzione -avvisa Gratteri-, perché i mafiosi sono diventati più furbi e sofisticati”.
In particolare risulta in crescita il fenomeno delle false fatturazioni, “fra le modalità più avanzate che confermano la presenza di organizzazioni mafiose, perché attraverso queste si fa riciclaggio (ndr, da non confondere con l’evasione fiscale), quindi denaro da “ripulire”, provento della vendita di eroina e cocaina.

A chi lo critica di dedicare troppo tempo alla visibilità mediatica, Gratteri ha spiegato le ragioni dell’importanza delle conferenze stampa e delle operazioni condivise con i giornalisti: “E’ importante sia nei confronti delle forze dell’ordine valorizzando il prezioso lavoro svolto, sia perché i cittadini devono essere informati di ciò che accade nel territorio e incoraggiati. Quando si arrestano 400 persone, un risultato è emerso”.
“C’è bisogno di buoni esempi, di efficienza e di coerenza, perchè se si vuol far rispettare le regole bisogna dimostrare di essere tali. La gente deve potersi fidare affichè diventi quindi un circolo virtuoso”.

Gratteri ha inoltre spiegato di essersi ritagliato una settimana per questi giorni e degli incontri con la gente della sua città: “La sera prima di partire ho incontrato persone dalle 14 alle 22.00: fra costoro ci sono anche dei pazzi, molto attratti dai tribunali, dalle caserme, quelli che fanno una denuncia al giorno e che intasano la PEC, ma fra questi c’è gente che ha bisogno sul serio, che sta male, che ha necessità di essere ascoltata e convinta ad avere il coraggio di denunciare”.

“Dopo una lunga sottovalutazione, la classe politica ha reagito”, ha detto il prof. Nicaso. “Ho notato la voglia di approfondire e conoscere le tematiche legate alle mafie creando protocolli sulla legalità, oltre all’applicazione di interdittive antimafia. Reggio Emilia è stata capace di reagire e penso possa proseguire su questa strada”.
“Non dimentichiamoci però -ha ribadito Nicaso- che la soluzione non si risolve con un processo (ndr, Aemilia) e che attraverso la capacità di fare e sistema e di adattamento, le mafie sono riuscite a passare indenni tutte le epoche italiane. Ecco perché di fronte a un’organizzazione criminale che ha queste caratteristiche, non bisogna mai abbassare la guardia, ma monitorare ciò che sta accadendo”.

Nel riprendere la parola, Gratteri non ha mancato stoccate al sistema giudiziario e politico: “Abbiamo bisogno di un sistema giudiziario diverso, non certo di ciò che abbiamo visto in Parlamento, dove si stanno mettendo in discussione il sistema carcerario e il carcere duro, tematiche all’inizio degli anni ’90 affrontate da Cosa Nostra senza risposta perché lo Stato non si è piegato. Ora invece sento dei movimenti di pensiero, dei politici e degli studiosi, che mettono in discussione addirittura la struttura del carcere, come se avessimo cancellato o non conoscessimo 150 anni di Mafia. Mafie che hanno impedito in questi anni il pieno sviluppo di una nazione civile ed evoluta come l’Italia”.

In pectore per diventare Presidente della Commissione Nazionale Antimafia, Gratteri spera di diventare un “facilitatore fra procure, scambiandosi atti e informazioni, non solo quelli relativi ad indagini congiunte, diventando propositivi anche sul piano legislativo”.

Come sempre, Gratteri ha infiammato il pubblico e al termine gli applausi scroscianti non sono mancati. E’ un magistrato che piace alla gente, che infonde fiducia e coraggio. E il coraggio lo dimostra sul campo lo stesso ogni giorno, scegliendo di essere un magistrato dalla schiena dritta, costretto a vivere scortato per la lotta frontale contro la criminalità organizzata che porta avanti a 360 gradi, dalle inchieste agli arresti, fino alla sensibilizzazione dei giovani nelle scuole: se da un lato la mafia cerca di radicarsi, Nicola Gratteri cerca di radicare una mentalità anti-mafia proprio a partire dai giovani. Un lavoro certosino importantissimo.

Nel suo pellegrinaggio reggiano manca però un anello, anzi due.
Il primo riguarda il passato: mentre a Reggio Emilia c’erano sì genuflessi e accondiscendenti, all’interno della politica, delle istituzioni e dell’economia locale, vi erano anche personaggi “scomodi” che combatterono pubblicamente il radicamento della mafia e che furono isolati. Costoro ancor oggi sono additati con aria di sufficienza, se non con disprezzo, incasellati in un tutt’uno con un modus operandi di cui non hanno mai fatto parte. Ecco, forse queste persone oggi potrebbero svolgere un ruolo prezioso di “facilitatori”, mettendo a disposizione la propria esperienza, vantando la coerenza di chi aveva la schiena dritta in un periodo in cui a Reggio Emilia non tutti l’avevano.
Il secondo anello riguarda il presente e il futuro. Lodevole venire a Reggio Emilia ribadendo ciò che non ha funzionato e invitando a non abbassare mai la guardia, ma… quindi? Concretamente quali proposte devono essere messe in campo per stoppare una criminalità che non è stata debellata con il processo Emilia e che anzi, ha affinato le proprie armi in modo più furbo e scaltro come denuncia lo stesso Gratteri?

Marina Bortolani, @nextstopreggio