I Riders in piazza hanno gridato le loro condizioni di lavoro: “Alla faccia dell’economia 3.0 o Gig Economy, siamo trattati come i lavoratori a inizio ‘900, senza contratto e pagati a cottimo”

E’ stato un presidio pacifico, quello che si è svolto venerdì pomeriggio in Piazza Prampolini, davanti al Comune di Reggio Emilia. E’ il popolo dei lavoratori che vediamo spesso in bicicletta per le vie della città, trafelati nel dover portare un prodotto al destinatario entro determinati minuti.
I Riders Union di Reggio Emilia, insieme agli attivisti Adl Cobas reggio Emilia, hanno gridato al megafono ciò che vivono, denunciando condizioni di lavoro “dei primi del ‘900”. “Siamo lavoratori senza contratto, la nostra vita e il nostro reddito sono gestiti da una applicazione ed il suo algoritmo, che determina la velocità e la paga di ogni consegna e che ti dà più o meno lavoro”, hanno spiegato i manifestanti.

“Siamo qui -hanno spiegato- per rivendicare contratti di lavoro dignitosi, che non siano caporalato digitale; per rivendicare una paga oraria e non a consegna, numero di ore lavorative garantito, diritto alla malattia e all’infortunio, ai dispositivi di sicurezza e mezzi di trasporto a carico delle piattaforme. Chiediamo di aprire un percorso con il Comune che migliori le nostre condizioni di sicurezza e dignità lavorativa nella città di Reggio Emilia.
Condizioni di lavoro imposte dalle piattaforme multinazionali Glovo, Just Eat, Deliveroo e UberEats che, alla faccia della cosiddetta economia 3.0 o Gig Economy a cui dicono di rifarsi, attuano condizioni quasi medievali, come il lavoro a cottimo.

“Subiamo incidenti stradali e rapine sul lavoro, e non abbiamo ricevuto il minimo supporto dalle piattaforme. Non abbiamo diritto a malattia, infortunio o ammortizzatori sociali perché ci dicono che siamo imprenditori di noi stessi. Sono a carico nostro i DPI per la sicurezza, le biciclette con cui facciamo le consegne, la linea internet, il cellulare”.
“Se si verifica una irregolarità nei compensi ci possiamo confrontare con la piattaforma solo tramite mail, non avendo un ufficio sul territorio e neppure un numero di telefono da chiamare, e troppo spesso le nostre mail con richieste di aiuto e chiarimento vengono ignorate. Se invece tardiamo un minuto a partire per una consegna veniamo immediatamente contattati telefonicamente per conto della piattaforma che ci chiede perché non ci stiamo muovendo immediatamente”.

“Queste condizioni di lavoro -hanno evidenziato i manifestanti durante il presidio- con l’emergenza sanitaria vengono rese ancora più pesanti sia dal punto di vista della sicurezza che da quelle ambientali in cui si lavora in città, nonostante ci abbiano definito più volte ‘lavoratori essenziali’. La mancanza in città di bagni pubblici aperti fino alle ore 24:00 e l’impossibilità di avere accesso ai bagni degli esercizi commerciali ci costringe ad improvvisare.
La mancanza di un luogo dove poter aspettare gli ordini al coperto ci costringe a subire la pioggia, il freddo pungente e il caldo afoso. La mancanza di un luogo dove poter ricaricare il proprio cellulare, bere qualcosa di caldo o semplicemente un luogo dove poter trovare gel igienizzante e mascherine ci costringe a mettere a rischio la sicurezza nostra e dei clienti che ricevono gli ordini. In questo anno di emergenza sanitaria nessun DPCM ha preso in considerazione provvedimenti per l’accesso ai tamponi gratuiti e tantomeno ai vaccini”.

I Riders avevano infine invocato nella giornata di ieri la solidarietà della cittadinanza chiedendo di non usufruire dei servizi di consegna a domicili delle piattaforme Glovo, JustEat, Deliveroo, UberEats. “Non per noi ma per tutte e tutti! Perché questi contratti oggi sono impiegati nel nostro settore ma notiamo un tentativo graduale di applicarli a tutto il mondo del lavoro, dove l’azienda scarica il rischio di impresa sui lavoratori. Mai più consegne senza diritti!”.

nsr