“Francesco Moranino, il comandante Gemisto”: il partigiano comunista, il più giovane eletto all’assemblea costituente. L’iniziativa di Patria Socialista

Si è svolta al Gattaglio’s Pub la presentazione di Francesco Moranino, il comandante Gemisto. Il partigiano comunista, il più giovane eletto all’assemblea costituente. Perseguitato politico, in tempo di pace, perché comunista. Organizzata dalla locale sezione di Patria Socialista il segretario Provinciale Matteo Neri insieme allo storico e autore del libro Massimo Recchioni, hanno tracciato il travagliato percorso della democrazia nel nostro Paese, dove ancora oggi, è messa in discussione e non attuata la più grande conquista della Resistenza, ossia la Costituzione. La storia di Gemisto è quella di tanti partigiani, perseguitati dopo la guerra, come il Diavolo, come Baraldi, come Amleto Paderni, la cui unica colpa era quella di essere comunisti. Vittime della criminalizzazione della Resistenza, dopo 76 anni ancora motivo di propaganda politica. Al termine della iniziativa si è svolto il pranzo sociale con le compagne, i compagni, militanti e amici.

Il Comandante “Gemisto” Francesco Moranino iscritto al Partito comunista clandestino nel 1940, l’anno successivo venne arrestato e condannato a 12 anni di carcere da parte del Tribunale speciale. Detenuto a Civitavecchia, venne liberato nel 1943 a seguito della caduta del fascismo e, dopo il successivo armistizio, entrò nella Resistenza. Inviato dal PCI nel Biellese, assunse il nome di battaglia di “Gemisto”, diventando prima comandante del Distaccamento delle Brigate Garibaldi denominato “Pisacane” e succesivamente quello della 50ª Brigata Garibaldi fino a che, con l’incarico prima di comandante e poi di commissario politico, fu destinato alla XII Divisione Garibaldi Pietro Pajetta (Nedo), che arrivò a contare ben 1500 uomini. Dopo la liberazione, come componente piu’ giovane in assoluto, Moranino fu eletto all’Assemblea Costituente. Gli anni dopo il 1948, in seguito alla sconfitta elettorale del Partito Comunista, furono gli anni delle epurazioni e della persecuzione giudiziaria dei partigiani, mentre i fascisti corresponsabili della dittatura, delle stragi insieme ai nazisti, delle torture dei partigiani, cifre alla mano, furono nella quasi totalita’ amnistiati. Quando non addirittura assunsero pari pari, gli stessi ruoli nelle prefetture, nelle questure, negli uffici pubblici, che avevano avuto durante il fascismo. L’inizio della “restaurazione”.
E così anche per “Gemisto” iniziarono gli anni forse peggiori, subendo le accuse più infamanti, macchiandone con il sospetto la storia, la persecuzione politica poichè partigiano comunista. Nel novembre del 1944 ebbe luogo nel Biellese quella che è stata consegnata alla storia come la “strage della missione Strassera”, quando il Comando della Divisione Nedo aveva dovuto prendere la decisione di uccidere cinque uomini, spie infiltrate tra i partigiani e poche settimane dopo furono uccise anche le mogli di due di essi.

Motivo sufficiente nel corso degli anni per montare la peggior propaganda antipartigiana e anticomunista, fino al punto che “Gemisto” diventerà il capro espiatorio del revisionismo politico di Stato. Fu infatti il primo parlamentare della storia della Repubblica per il quale venne concessa l’autorizzazione a procedere e all’arresto, celebrato nel pieno clima della guerra fredda e con una magistratura i cui componenti, come detto, non erano per nulla diversi da quelli che operarono nei tribunali fascisti.

Il processo fu una farsa, senza alcuna intenzione di fare giustizia, quello che andava istituito doveva essere un processo politico alla Resistenza ed al Partito Comunista. Tant’è che numerose testimonianze difensive non vennero affatto prese in considerazione, testimoni che cambiarono più volte versione, fatti storici volutamente stravolti e gli stessi esecutori del fatto, erano in tutto una dozzina, vennero scagionati senza la stessa “meticolosità” con cui doveva essere invece riconosciuto colpevole Moranino.
Il comandante partigiano comunista, il deputato comunista. Solo così, negando e omettendo nel processo la decisione “colletiva” di quanto avvenne, addebitando quei fatti ad una sola persona, si poteva disconoscere l’azione di guerra. Moranino così fuggì a Praga, sorte toccata a tanti altri partigiani comunisti, ai quali si voleva far pagare colpe che non avevano, sempre in ragione dell’anticomunismo su cui si stava edificando l’Europa del dopo guerra. Rientrò e poi fuggì nuovamente, nonostante la grazia concessa dal presidente Saragat e solo quando nel 1966 si riconobbero quei fatti come “legittimi fatti di guerra” , Moranino tornò in Italia, dove, due anni dopo, fu eletto al Senato. Morì, a soli 51 anni, il 28 giugno 19