Ecco il centro storico di Reggio Emilia il sabato pomeriggio in tempi di Covid #Foto

Piazza Fontanesi

Quando in gennaio, scoperto da poco il Coronavirus, venivano diffuse le prime immagini di una Wuhan deserta, si percepiva il silenzio assordante e surreale di una realtà distante anni luce.

Per fortuna che qui da noi è diverso…Il virus non arriverà in Italia…Colpisce prevalentemente i cinesi…E’ un’influenza come tante”, scrivevano sui social molti cittadini e politici esortando alla calma e alla normalità.

Wuhan (Cina) in quarantena, gennaio 2020 (foto: bangkokpost.com)

Poi il virus maledetto ha bussato alle porte di Codogno, colpendo non un cinese, non un anziano, non una persona con patologie pregresse, ma un 38enne di sana e robusta costituzione, maratoneta e calciatore dilettante. Mattia entrò in Pronto Soccorso il 19 febbraio, il giorno seguente, dopo esser stato ricoverato nel reparto di medicina ed esser stato visitato da parenti e amici, il verdetto: infezione da Coronavirus. Poi il ricovero in Rianimazione in condizioni disperate e il contagio di due anestesisti che si erano occupati di intubarlo. Il resto è storia. A lieto fine per Mattia che il 23 marzo è stato dimesso, ma non per suo padre e migliaia di italiani morti contagiati dal coronavirus.

State a casa, tornare a respirare la cosa più bella”, sé stato il primo messaggio di Mattia una volta a casa. “Da questa mia esperienza le persone devono capire che è fondamentale stare in casa, questo può significare anche allontanarsi dai propri cari e dagli amici perché non sappiamo chi può essere contagioso”.

Sono trascorsi 45 giorni da quel primo contagio. Nel frattempo il volto del nostro paese è drasticamente cambiato, come sono cambiate le nostre città, le nostre abitudini e il nostro vivere quotidiano. In ballo c’è la vita e non si scherza. Non è tempo di pretese, di diritti e di polemiche.

Stare in casa” dovrebbe essere un mantra condiviso a tutela della nostra salute e di quella dei nostri cari. Un mantra che, va detto, i reggiani hanno fatto proprio.

Portici di Piazza San Prospero

Sabato pomeriggio, alle 17.30, generalmente il centro storico di Reggio Emilia si colora di un brulicare di gente che passeggia scambiando due chiacchiere con amici e conoscenti, giovani che sorseggiano aperitivi accomodati nelle distese dei bar, bambini che giocano nelle piazze, cittadini che commentano in dialetto reggiano l’ultima partita della Regia o si scontrano animosamente su questioni politiche…
La spensieratezza reggiana di quei sabati pomeriggio sembrava ieri un lontano ricordo. Reggio Emilia, nello stesso orario di una giornata di sole che invitava ad uscire, era deserta. Silenziosa. Surreale.
I reggiani dimostrano di combattere uniti una guerra verso un nemico invisibile che prima o poi sarà sconfitto.

Marina Bortolani, @nextstopreggio

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