“Dal post Covid al post umano”, di Gianluca Tortora (FdI)

Da qualche giorno si è tornati a leggere e sentir parlare di Scuola, dopo una brevissima citazione del neo Presidente Draghi in occasione dell’accettazione dell’incarico e dei passaggi parlamentari.
Ovviamente non se ne parla rispetto a delle riflessioni o per discutere di progettualità, bensì per decidere come “liberarsi” di un problema (gli studenti) che potrebbe, a giudizio di alcuni esperti, accentuare il contagio in presenza e dunque scalfire l’immagine ed il consenso dei governanti. Per non correre rischi si torna alla didattica a distanza (DAD), già sperimentata a più riprese e propedeutica a far sostenere un esame con sole prove orali, come l’anno scorso, aggiungo.

Del trauma che gli adolescenti stanno vivendo anche a causa delle scelte dei governi che si sono succeduti, tuttavia, nessuno si preoccupa, sebbene alcune voci isolate si siano sollevate o si sollevino ancora. Da ultima quella del Presidente dei pediatri italiani e membro del comitato Tecnico Scientifico (CTS) Alberto Villani, il quale sostiene che in un ambiente dove si sta distanziati e si indossa la mascherina non ci si contagia, ci si contagia fuori. Certo se il contagio a causa delle variazioni del virus aumentano sensibilmente anche la chiusura dei plessi scolastici può essere una decisione da dover valutare ed assumere: ma la velocità con la quale i Governi che si sono succeduti in questo periodo di epidemia o di guerra lascia intendere, oggi più di quel 4 marzo 2020, che anche non andare a scuola non è più un tabu. E’ tuttavia da tali scelte che derivano quelle subdole malattie che lo stesso Villani definisce “disturbi psicosomatici”; aumentano insonnia, ansia e malesseri di tipo neuropsichiatrico.

Continua a sorprendere tuttavia che si affrontino i temi degli adolescenti come quelli del lavoro e delle aziende in crisi, senza comprendere che la formazione di un adolescente può essere minata per sempre se non curata e dunque generare ulteriori problematiche esistenziali e sociali.
Si associa spesso questa condizione pandemica ad una guerra, ma in guerra si condividevano i disagi, la fame ed anche i morti: oggi chi ci governa si preoccupa che i supermercati ci riempiano la pancia, le farmacie ci possano somministrare psicofarmaci e che i morti non siano avvicinabili.
Stiamo perdendo quella relazione che consente di condividere le difficoltà elaborare un lutto e venir fuori irrobustiti e con la voglia di vivere.

Ci viene invece sottratto tutto ciò che di umano abbiamo sempre avuto assicurandoci tutto “servito” a casa, come il lavoro, la scuola, la spesa: fino a quando e per quanto tempo ancora?
Saremo in grado di riconquistare quell’umanità e quelle relazioni che hanno da sempre connotato la nostra esistenza di animali sociali? Una profonda riflessione del filosofo francese Martin Steffens dovrebbe farci riflettere in ordine al fatto che la “vita umana non è un problema da risolvere, ma un mistero da vivere”. A riguardo il filosofo francese sostiene che la condizione di allontanamento sociale che stiamo vivendo quando sarà un’abitudine per proteggerci da virus esterni, preferendo la nostra salute alla relazione, non saremo nel mondo post covid bensì nel mondo post umano.

Sono riflessioni intense che fanno sussultare gli adulti, non possiamo non comprendere come scelte all’apparenza di carattere pratico (la DAD) non possano incidere nel percorso adolescenziale, denso di lunghi periodi di solitudine, tensioni, ansie, assenza di riferimenti, di conforto e privati di relazioni sociali.

Credo che la responsabilizzazione a volte traumatica nella fase iniziale, ma accompagnata dai formatori a scuola, potrebbe vedere gli adolescenti più consapevoli e forse più utili alla società di cui fanno parte ed agli altri, rinsaldando un senso si collettività, di relazioni che da sempre cementano un popolo in occasione di crisi ma altresì di rinascite.

Gianluca Tortora, Presidente Circolo culturale G. Gentile Fratelli d’Italia