Covid e persone che vivono ai margini: l’appello di diverse associazioni reggiane

“In questi giorni ognuno di noi ha dovuto affrontare un’emergenza nuova. Ognuno di noi ha dovuto trasformare radicalmente la propria quotidianità, lo ha dovuto fare in poco tempo e ha dovuto scegliere come fare, imparare a farlo. Ha dovuto rimanere a casa, e trovare modi nuovi per organizzare il lavoro, per relazionarsi con i familiari e mantenere le  relazioni cui è abituato in assenza di normalità nelle relazioni. 

A un tratto ci siamo resi conto che tutte le barriere, reali o meno, che incontravamo nella nostra vita non hanno più valore. Ci siamo resi conto che il corpo in cui viviamo  è solo una cellula del corpo mondo e che riusciremo ad uscire da questo momento unicamente se saremo in grado di pensare e agire tenendo in considerazione gli altri, partendo dalla nostra realtà.

La frase che ci viene ripetuta come rappresentativa di questo momento di emergenza è “TUTTI ASSIEME CE LA FAREMO”. Ma davvero questo TUTTI è universale?

Come associazioni, gruppi e cooperative da anni cerchiamo di “pensare assieme” e di stimolare il dibattito sui temi dell’accesso ai diritti delle persone che vivono in condizioni di marginalità. E in questo momento più che mai ci accorgiamo che le battaglie, le richieste, gli impegni di ognuno di noi hanno un valore reale, concreto, tangibile. Oggi nessuno si può più permettere di dire “TUTTI ASSIEME CE LA FAREMO” e poi nei fatti non comprendere in questo TUTTI alcune categorie di persone. E non possiamo permettercelo perché, se dimentichiamo l’universalità di questa affermazione, mettiamo in pericolo noi stessi. 

Chi non ha casa non ha la possibilità di assolvere alla responsabilità personale di mantenere livelli igienici nella norma e quindi ha più possibilità di diffondere il virus. 

Chi non  ha la residenza non ha la possibilità di chiamare il medico di base perché lo possa visitare, non potendo capire  come mettere al riparo il singolo e la comunità in cui vive.

Chi non ha casa non ha la possibilità di cucinare e deve quindi spostarsi per andare alle varie mense. 

Chi non ha casa è costretto a vivere in ambienti in cui la possibilità di contrarre il virus è molto più alta rispetto a un ambiente domestico controllato. 

Chi non ha casa, per giunta, viene incriminato perché non rispetta i decreti… non essendo in condizione di rispettarlo!!!

Da giorni viene ricordato da organizzazioni che hanno lavorato sulle nostre stesse tematiche, come fio.PSD, Avvocato di Strada, Amnesty International, quali siano le azioni da mettere in campo per affrontare l’emergenza nell’emergenza delle persone che non hanno una casa dove stare al sicuro e cioè:

  • velocizzare le procedure per iscrivere queste persone nelle liste anagrafiche in modo da poterle anche monitorare dal punto di vista sanitario;
  • stanziare somme per consentire ai Comuni di fornire un tetto alle persone senza dimora, utilizzando appartamenti, strutture ricettive,  palestre, o altri edifici pubblici o privati.

Chiediamo, quindi, che vengano prese in seria considerazione dagli amministratori locali in concerto con il sistema sanitario, queste soluzioni,  garantendo un posto sicuro a chi ha l’obbligo di quarantena e non ha una casa e fornendo un tetto a persone senza dimora, oltre a garantire una corretta informazione che possa raggiungere davvero tutte e tutti.

La stessa protezione civile ha sollecitato le istituzioni affinché vengano trovate delle soluzioni per le persone senza dimora.
Diamo la massima disponibilità a portare il nostro contributo come singoli, associazioni e privato sociale, perché solo con la responsabilità di tutti 

TUTTI ASSIEME CE LA FAREMO

Associazione Città Migrante, Associazione Partecipazione, Associazione di volontariato G.L.M, Avvocato di strada di Reggio Emilia, APS Passaparola, Coop. Sociale “La Vigna”, Coop Vivere la Collina, La Quercia-coop. agricola e sociale, “Centro Sociale Papa Giovanni XXIII” S.C.S. Onlus

(Foto d’archivio)