Clima, Coldiretti: “Sparita 1 pianta su 4. Addio a 2 mln di mucche, pecore e capre”

Negli ultimi venti anni è sparita quasi una pianta da frutto su quattro, fra mele, pere, pesche, arance, albicocche e altri frutti con un gravissimo danno produttivo ed ambientale per il ruolo che svolgono nella mitigazione del clima anche ripulendo l’aria dall’anidride carbonica e dalle sostanze inquinanti come le polveri PM10. È quanto emerge dal Rapporto Coldiretti su “Sos Clima per l’agricoltura italiana” diffuso al Villaggio contadino di Bologna con l’Arca di Noe’ della fattoria italiana con animali, piante e cibi a rischio di estinzione e decine di migliaia di agricoltori, giovani e studenti con il presidente Ettore Prandini nel giorno del terzo sciopero mondiale per il clima. 

Addio anche a due milioni di mucche, maiali, pecore e capre scomparsi dalle fattorie negli ultimi dieci anni per effetto del surriscaldamento che ha inaridito i pascoli, ridotto la disponibilità di foraggio, tagliato la produzione di latte nelle stalle colpite dal moltiplicarsi dei colpi di calore estivi e aumentato i costi per garantire il benessere degli animali in condizioni climatiche più difficili.

Il “frutteto italiano” ha visto un crollo netto del 23% nello spazio di un ventennio secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. Il taglio maggiore – sottolinea la Coldiretti – ha interessato pesche e nettarine con la superficie quasi dimezzata (-38 %), seguiti da uva da tavola (-35%), pere (-34 %), limoni (-27%), arance (-23%), mele (-17%), clementine e mandarini (-3%).

“Ad aggravare questa pesante situazione – commenta Maria Cerabona, direttore della Coldiretti di Reggio Emilia direttamente dal Villaggio di Bologna – si aggiungo i danni indotti dalla cimice asiatica che hanno pesato soprattutto sulla coltivazione di pere e albicocche”.

“Un danno economico ed occupazionale rilevante per il Sistema Paese – continua la Cerabona – che colpisce anche l’ambiente, poiché con la scomparsa dei frutteti viene a mancare il prezioso ruolo di contrasto dell’inquinamento e del cambiamento climatico svolto proprio dalle piante, capaci di ripulire l’aria da migliaia di chili di anidride carbonica e sostanze inquinanti come le polveri PM10. Basti pensare – prosegue il direttore della Coldiretti reggiana – che la superficie italiana destinata a colture legnose (frutteti, vigneti, ecc.) è di circa 2.5 milioni di ettari, che corrispondono al 25% della superficie boschiva italiana. Non a caso recenti studi hanno sottolineato il ruolo positivo della frutticoltura nella tutela dell’ambiente proprio per la capacità di catturare Co2, ruolo che potrebbe ulteriormente crescere con l’adozione di tecniche colturali finalizzate non solo alla produzione di frutta ma anche alla lotta all’inquinamento”. 

Un ettaro di frutteto – spiega la Coldiretti – in produzione è in grado di catturare 20mila kg di anidride carbonica (CO2) all’anno, bloccando anche le pericolose polveri sottili PM10 e abbassando la temperatura dell’ambiente circostante durante le estati più calde e afoseNon a caso la differenza di temperatura estiva delle aree urbane rispetto a quelle rurali raggiunge spesso valori superiori a 2°C nelle città più grandi, secondo uno studio Ispra.

Le emissioni inquinanti, se non verranno ridotte entro la fine del secolo, potrebbero causare un calo del 20% della produzione di grano, del 40% di quella della soia e addirittura del 50% di quella del mais, secondo uno studio pubblicato su Nature Communications. Ma i cambiamenti climatici hanno – spiega Coldiretti – un impatto negativo anche sullo stesso valore dei terreni che, secondo il rapporto dell’Agenzia Ue per l’ambiente (Eea), potrebbero subire una perdita tra il 34 e il 60% nei prossimi decenni rispetto alle quotazioni attuali proprio a causa dell’innalzamento delle temperature, che minaccia anche i redditi agricoli e rischia di far aumentare la domanda di acqua per l’irrigazione dal 4 al 18%.

Un conto salato per un’agricoltura che ha già perso negli ultimi dieci anni ben 14 miliardi di euro tra danni alla produzione agricola nazionale e alle strutture e alle infrastrutture a causa delle anomalie del clima con una tendenza alla tropicalizzazione che – rileva la Coldiretti – si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi che compromettono le coltivazioni

“Mettere più frutta italiana nelle bibite per far tornare conveniente piantare alberi nel nostro Paese sarebbe la vera svolta green che aiuta l’ambiente, la salute e l’economia e l’occupazione Made in Italy” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che invece “si continua a tollerare la presenza nelle bevande analcoliche di appena il 12% di frutta senza neanche l’obbligo di indicarne la provenienza, con un inganno per i consumatori ed un danno per i produttori. Occorre dire basta alle aranciate senza arance ed impegnarsi concretamente – conclude Prandini – nell’educazione alimentare a partire dalle scuole anche con l’aiuto dei nuovi distributori automatici di snack dove acquistare frutta fresca, disidratata o spremute al 100% italiane”.

Inoltre con gli animali sono scomparsi anche i pascoli e i prati e il risultato è che negli ultimi 25 anni è andato perso oltre ¼ della superficie agricola (-28%), secondo un’analisi Coldiretti su dati Ispra, e, con esso, la capacità di assorbire le emissioni inquinanti. Basti dire che a causa del consumo di suolo agricolo si perde ogni anno la possibilità di assorbire quasi 300mila tonnellate di carbonio. L’addio ai terreni causa poi l’infiltrazione di milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde aggravando la pericolosità idraulica dei nostri territori. Ma con la chiusura delle stalle cala anche la produzione di letame e liquami indispensabili per fertilizzare i terreni e alla base dell’agricoltura biologica con l’Italia che – riferisce la Coldiretti – detiene la leadership europea in termini di numero di aziende.

“In pericolo – denuncia Maria Cerabona – c’è inoltre la straordinaria biodiversità delle stalle italiane dove sono minacciate di estinzione ben 130 razze allevate tra le quali anche le vacche rosse di razza Reggiana, esempio della biodiversità della nostra provincia”

Un indicatore sensibile dello stato di salute dell’ambiente sono le api con la raccolta di miele in Italia che è praticamente dimezzata in Italia nel 2019 per effetto dell’andamento climatico anomalo che ha sconvolto la vita dei preziosi insetti. Vere e proprie sentinelle dell’equilibrio naturale globale e della biodiversità con l’alimentazione che – sottolinea la Coldiretti – dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro di insetti, al quale proprio le api concorrono per l’80%.

“Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni”, ricorda il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare la necessità di creare le condizioni affinché si contrasti la scomparsa delle campagne, garantendo un giusto reddito agli agricoltori e valorizzandone il ruolo ambientale, anche attraverso la nuova legge sul consumo di suolo, approvata da un ramo del Parlamento nella scorsa legislatura ma finita su un binario morto in attesa della discussione in Senato. Dobbiamo togliere dalla palude questa norma importante per il futuro dell’Italia e vararla prima possibile”.

s.c.