Arci e Uisp ai comuni: “Pericolo reale di chiusura delle attività. Si annullino i canoni e riducano i tributi”

“Occorre salvaguardare il capitale sociale, persone, soci e volontari che hanno sempre contribuito al bene della proprie comunità. Insieme dobbiamo scongiurare il pericolo concreto di chiusura di molte realtà associative”. Lo scrivono in una lettera recapitata ai 42 sindaci reggiani, i presidenti di Arci, Daniele Catellani e di Uisp, Azio Minardi che uniscono la propria voce in questo momento senza precedenti. 

La preoccupazione delle due associazioni è altissima per le attività sportive, quelle culturali e quelle sociali che coinvolgono migliaia di cittadini. 

“Se non supportate adeguatamente – scrivono i due presidenti provinciali nella lettera recapitata i giorni scorsi ai primi cittadini della provincia di Reggio Emilia – le nostre realtà e più in generale tutti gli enti no profit, rischiano di scomparire. Il pericolo – proseguono – è la dispersione di quel patrimonio sociale che sta supportando tutta la comunità, anche oggi durante questa grave crisi”. 

Nella lettera, in particolare Arci e Uisp che contano sul nostro territorio circa 100mila soci, mettono in luce le criticità che stanno incontrando le associazioni sportive e di promozione sociale. “Intendiamo – spiegano – richiedere interventi per superare questo delicato momento e rilanciare le azioni sociali appena sarà possibile. Le nostre proposte si concentrano principalmente su due casistiche che riguardano le sedi sociali e quelle in concessione: ovvero i canoni di concessione degli immobili di proprietà pubblica ed i contratti di affitto per quelli di proprietà privata.

Per quanto riguarda le concessioni di immobili di proprietà pubblica, la nostra richiesta – spiegano i due comitati provinciali delle associazioni – è di annullare i canoni dovuti dalle Associazioni Sportive Dilettantistiche e dalle Associazioni di Promozione Sociale per gli impianti sportivi e per le sedi in genere (centri sociali ed altro) fino al mese successivo alla ripresa delle attività.

Lo stop infatti dipende da cause di forza maggiore e non dalla volontà dei soggetti gestori che si trovano nella condizione di non poter sviluppare la propria attività e quindi reperire le risorse necessarie per far fronte ai canoni. Il periodo di sospensione, potrebbe poi essere recuperato prorogando la convenzione/concessione alla scadenza.

La maggior parte delle associazioni poi, “abita” sedi di proprietà privata, presidi altrettanto importanti per le comunità locali. In questa fase sta al “buon cuore” del proprietario sospendere i canoni di locazione. Purtroppo però stiamo riscontrando diverse rigidità che di sicuro metteranno in seria crisi il futuro di questi enti no-profit.

Crediamo che sia importante porre attenzione ai tributi sugli immobili, Imu, Tari e Tasi. La nostra richiesta è di ridurre del 50% l’aliquota Imu e Tasi così come previsto per gli immobili inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati durante il periodo di chiusura (così com’era stato per le zone terremotate). Questa riduzione potrebbe avvenire soltanto successivamente ad un accordo scritto tra le parti che prevede la sospensione del canone di affitto. Siamo consapevoli – concludono Catellani e Minardi – che queste imposte sono di competenza statale ma crediamo importante dare un segnale per la parte di competenza dei comuni”.

nsr