Che Guevara avrebbe sparato ai barconi dei migranti

Qualche giorno fa cinquemila persone hanno manifestato a Riace in solidarietà a Mimmo Lucano, il sindaco finito agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e abuso d’ufficio.

Esponenti delle sinistre, Potere al Popolo, Roberto Saviano, intellettuali, associazioni, migranti hanno invocato la liberazione di Lucano al grido “siamo tutti clandestini”.

Fin qui nulla di male e nulla di nuovo… è sempre una solita certa sinistra italiana che ha abbandonato il marxismo tradizionale della lotta di classe e della rappresentanza degli interessi del proletariato per reinterpretarlo in chiave “migratoria”. L’operaio non è più al centro dei loro pensieri, probabilmente neppure gli interessa avendo ormai già dato per perso il suo voto in favore della Lega o del M5S: è il migrante il destinatario della loro azione e comunicazione politica. A questa attualizzazione terzomondista del Capitale di Marx, che ha ridotto la cosiddetta sinistra radicale al 2% e il Pd al 17%, bisogna dare atto di non essere elettoralmente opportunistica e in quanto tale è meritevole di rispetto.

Quello che non torna è l’ostentazione nel corteo di Riace delle immagini di Che Guevara (foto Repubblica). Capisco che un’effige del Che ormai non si neghi a nessuno e si abbini con tutto, ma qui siamo proprio fuori strada. E non tanto per la celebre frase attribuita al Che, deluso dalle esperienze rivoluzionarie in Africa “Faremo per i negri quello che i negri hanno fatto per la rivoluzione: niente.”

Facciamo un’analisi storica, priva di qualsiasi esaltazione o condivisione o apologia, partendo da quello che è stato il socialismo cubano nella realtà e non nel libro dei sogni.

I confini di Cuba erano presidiati dalla marina popolare: nessuno poteva varcarli senza autorizzazione, tantomeno in clandestinità. Erano chiusi anche in direzione opposta: nessun cubano poteva lasciare l’isola (leggi) (solo nel 2012 Castro revocò l’obbligo del permesso d’uscita da Cuba, leggi).

A fronte di una massiccia immigrazione non pianificata verso Cuba, ad esempio di 400.000 persone, Che Guevara si sarebbe comportato come Mimmo Lucano?

Io credo di no. Cuba non ha mai accolto masse di disperati o di migranti economici da Haiti, da Santo Domingo, dal Messico. Ha però sempre, generosamente, aiutato i Paesi in difficoltà inviando medici e insegnanti per migliorare la qualità di vita. Tantomeno si è aperta all’immigrazione nel “periodo especial” quando, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica e dei Paesi dell’Est europeo, venne azzerato il commercio tra l’isola e il campo socialista… la povertà dilagava, i cubani facevano fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Cuba accolse solo rifugiati politici per consentirgli di riorganizzarsi.

Alla notizia dell’arrivo di centinaia di barconi, Che Guevara sarebbe salito su una nave militare, sarebbe andato dai migranti e gli avrebbe chiesto “Siete venuti fin qui per unirvi a noi nella lotta, per far scoppiare la rivoluzione in Bolivia, per battervi contro gli imperialisti?”

“No, siamo richiedenti asilo. Siamo pacifisti, scappiamo dalle guerre.”

“Noi non siamo fuggiti. Se lo avessimo fatto oggi a Cuba ci sarebbe ancora la dittatura fascista di Batista.”

“Chiediamo asilo, siamo perseguitati, non vogliamo combattere.”

“Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni circostanza, ma mai in ogni circostanza e in ogni epoca si potrà avere la libertà senza la lotta! (cit). Quindi vi chiedo di tornare indietro: chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso (cit).” La fuga dalla guerra è l’antitesi totale al cheguevarismo.

“Chiediamo accoglienza. Ci appelliamo al suo buon cuore, Comandante.”

“Non sono un santo, non sono un liberatore. Sono solo i popoli che si liberano da sé (cit.).”

“Aiutateci, vi prego! Ci sono donne e bambini!”

“Facciamo a fatica a mantenere i cubani, molti vivono in una condizione di povertà, non possiamo provvedere anche a voi. Non abbiamo cibo, case, lavoro da offrirvi. Possiamo però mettere in gioco la nostra vita e venire a combattere nelle vostre terre, come abbiamo sempre fatto tanto in Africa quanto in America Latina. La lotta armata è l’unica soluzione per i popoli che lottano per liberarsi (cit).”

“Il diritto internazionale ci garantisce una protezione umanitaria.”

“Fossi in voi non proverei a varcare clandestinamente i confini dell’Urss, della Cortina di Ferro, della Corea del Nord, della Cina… da quelle parti non scherzano…”

“Noi vogliamo sbarcare a Cuba. Ne abbiamo diritto.”

A quel punto cosa farebbe Che Guevara? Al terzo, quarto, quinto appello a tornare indietro, a fronte del tentativo di forzare i confini cubani, Che Guevara (che tra l’altro è stato un ortodosso organizzatore dei tribunali contro i nemici del popolo per conto di Fidel Castro) non avrebbe esitato a sparare ai barconi, così come l’esercito popolare sparava alle barche di chi voleva fuggire da Cuba “illegalmente”.

No, Mimmo Lucano, che ha salutato dalla finestra il corteo di Riace a pugno chiuso, a Cuba non sarebbe un eroe. Sarebbe uno che ha violato le leggi sulla sicurezza nazionale. Sarebbe solo un traditore.

Andrea Marsiletti, Avanguardia