Il Vescovo Camisasca messo all’angolo anche dai suoi sacerdoti replica alle accuse: “Non corrisponde a verità un progetto di sviluppo edile su un’area coltivata a sud di Reggio Emilia”

Sta perdendo pezzi di autorevolezza il Vescovo di Reggio Emilia Massimo Camisasca. Dopo anni di totale trasformazione della Diocesi reggiana dal suo insediamento, i malumori interni sono usciti allo scoperto. L’occasione è stata l’opposizione a un progetto di sviluppo sud della città denominata Ta7, che coinvolge anche terreni di proprietà della Curia (leggi qui).
Non solo cittadini e rappresentanti di associazione ambientaliste avevano espresso pubblicamente perplessità, ma anche esponenti del mondo cattolico e sacerdoti, sventolando la parole di Papa Francesco: “…come può il Papa reiterare messaggi di cambiamento di rotta globale e integrale, denunciando l’economia e la finanza internazionale di irresponsabilità predatoria, il capitalismo di cinica massimizzazione dei profitti e l’intera società di “super-sviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante” (LS n109), mentre la struttura economica che sorregge la Chiesa, anche locale, continua a sfruttare le stesse vecchie logiche che inevitabilmente finiranno per spogliare la terra?”.
Ora il Vescovo, notoriamente sensibile alla comunicazione mediatica, storce il naso ed esprime amarezza verso i sacerdoti che hanno utilizzato i medesimi canali comunicativi per “parlare” con Sua Eccellenza.
Se si è arrivati a questo punto, più che sofferenza per una vicenda che poteva essere trattata tra i confini di palazzo della Diocesi, c’è da chiedersi come mai si è arrivati a questo punto di “incomunicabilità”.
mb

Di seguito pubblichiamo integralmente la risposta del Vescovo.

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Cari firmatari,   
    cittadini, rappresentanti di associazioni, diaconi e sacerdoti,

sono sinceramente contento della vostra attenzione all’insegnamento di Papa Francesco in campo ambientale, quale espresso nella Laudato Si’. È un testo che condivido interamente e che ritengo faro per il mio ministero, come ho scritto nel libro “Abita la terra e vivi con fede” e ho espresso nelle tante conferenze svolte su questo tema, di cui l’ultima a Casa Cervi. Mi stupisce, perciò, che tutto questo non sia stato tenuto presente nel cercare la verità in merito ai temi esposti nella vostra lettera, prima di accusare il vescovo e la sua curia. Il rispetto verso il creato include anche il rispetto verso le persone e le istituzioni.

Durante il mio ministero a Reggio Emilia, non ho mai intrapreso iniziative edilizie di nuove costruzioni. All’opposto ho, fin da principio, avviato un duro e faticoso processo di dismissioni degli immobili inutilizzati e di recupero dei beni della nostra Chiesa, mettendoli al servizio di tutti.

Pensiamo alla ristrutturazione del seminario, alla riqualificazione degli uffici di curia, ai lavori per la rinascita della biblioteca dei canonici, alla ristrutturazione del sagrato del Duomo e a molti altri lavori in agenda. Tutto si è sempre progettato e svolto con la massima attenzione al rispetto dell’ambiente e alla sostenibilità delle spese.

Ricordo che la Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla è ad oggi l’unica Diocesi socia di Fratello Sole che ha tra i suoi scopi l’attuazione pratica degli insegnamenti della Laudato Si’ e sta portando avanti rilevanti interventi di riqualificazione energetica. La nostra Diocesi è socia fondatrice del Centro Etica Ambientale di Parma. Abbiamo dato il via in collaborazione con il Parco Nazionale dell’Appennino ToscoEmiliano al recupero dell’Eremo di Bismantova.

Affermare che la Diocesi di Reggio Emilia – Guastalla abbia intenzione di attuare un progetto di sviluppo edile su un’area coltivata a sud di Reggio Emilia non corrisponde a verità. Non solo non vi è questa intenzione, ma non vi è nemmeno un atto che vada in questa direzione: non vi è un progetto, non vi è un tecnico incaricato e non vi è alcun iter amministrativo in tal senso.

Accusarci di ciò è ingiusto, irrispettoso, così come dare a tv e giornali una lettera prima ancora di recapitarla al diretto interessato. È un modo di agire che non condivido. Non nascondo la mia amarezza nel vedere tra i firmatari persone che conosco, che hanno il mio cellulare e che avrebbero potuto telefonarmi e chiarire subito la questione. Parlo, tra l’altro, di diaconi e sacerdoti.

Creare disinformazione è una colpa grave. Non ho mai rifiutato un confronto con nessuno. Proprio perciò chiedo rispetto per me e per le persone che lavorano per la nostra Chiesa con impegno e passione.

+ Massimo Camisasca